- Sui social circola la storia di una giudice che ha condannato «un migrante assassino» a «120 ore di servizio comunitario come punizione» per aver ucciso una bambina.
- La storia è stata presentata in maniera fuorviante.
- La vicenda riguarda un incidente stradale accaduto oltre 10 anni fa e l’autista polacco in appello è stato condannato a 15 mesi di carcere.
Il 6 dicembre 2025 è stato condiviso su X il video di un uomo che viene portato fuori dall’aula di un tribunale a causa della sua reazione dopo che la giudice ha letto, in inglese, una condanna a 120 ore di lavori di pubblica utilità.
Secondo l’autore del post, la scena si sarebbe verificata nei Paesi Bassi e mostrerebbe un «padre infuriato» che «lancia una sedia contro il giudice» perché ha dato «al migrante assassino di una bambina solo 120 ore di servizio comunitario come punizione».
È un contenuto presentato in maniera fuorviante.
La scena mostrata nella clip in analisi non è attuale ma risale in realtà a oltre 10 anni fa, a novembre 2014, quando il padre di una bambina di 2 anni, morta l’anno prima in un incidente stradale insieme ai nonni a Meijel, nella provincia del Limburgo (Paesi Bassi), ha lanciato furiosamente una sedia contro la giudice del tribunale distrettuale di Roermond perché in disaccordo con la sentenza emessa.
Come riportato all’epoca dalla stampa locale, la bambina era seduta sul seggiolino della bicicletta dei nonni quando tutti e tre furono investiti da un cittadino polacco di 33 anni che, in una curva, perse il controllo della propria auto mentre viaggiava ampiamente oltre il limite di velocità stabilito.
In primo grado la giudice aveva stabilito che la velocità non fosse stata la causa dell’incidente, che l’uomo non era sotto effetto di droghe e alcool e che non era al telefono, non riscontrando dunque alcuna responsabilità penale nel conducente. L’uomo però aveva causato pericolo per la circolazione (articolo 5 della Legge sul traffico stradale), ed era stato condannato a 120 ore di servizio comunitario e a un anno di sospensione della patente con un periodo di prova di due anni. A causa di questa sentenza ci fu una raccolta firme per esortare i politici a imporre pene più severe agli autisti coinvolti in incidenti stradali mortali.
L’anno successivo, a settembre 2015, il tribunale aveva accolto in appello il ricorso del pubblico ministero e condannato l’uomo a 15 mesi di carcere e a quattro anni di sospensione della patente.
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