
Il blackout in Spagna è diventato un pretesto per screditare le energie rinnovabili
Questo tipo di fonti energetiche sono state prese di mira perché non sarebbero in grado di provvedere ai bisogni dei Paesi
Lunedì 28 aprile 2025, alle 12:30 circa, un vasto blackout ha interessato tutta la Spagna e il Portogallo, estendendosi anche ad alcune aree del sud della Francia e al piccolo Stato di Andorra. La mancanza di corrente elettrica ha causato la paralisi totale della rete ferroviaria del Paese, ha mandato nel caos il traffico nelle città, ha interrotto numerose attività lavorative ed è costato la vita ad almeno cinque persone in Spagna. In Portogallo sono state mobilitate le forze armate per garantire le catene di distribuzione e il governo ha dichiarato la crisi energetica.
Nonostante nella serata di lunedì la maggior parte della rete elettrica fosse già stata ripristinata, il funzionamento totale è stato ristabilito solo il giorno successivo, quando Red Eléctrica, la società responsabile dell’infrastruttura elettrica in Spagna, ha annunciato di aver ripristinato la tensione nel sistema peninsulare.
L’origine del blackout è incerta e le cause non sono ancora state identificate. Nonostante il primo ministro Pedro Sanchez abbia invitato a non fare speculazioni, varie ipotesi sulle cause del taglio energetico hanno subito iniziato a circolare. Sin dalle prime ore, ad esempio, si è diffusa la notizia secondo cui la causa del taglio all’energia elettrica sarebbe stata causata da un cyberattacco. La teoria è stata smentita da Eduardo Prieto, direttore delle operazioni di Red Eléctrica, che il 29 aprile ha dichiarato: «Grazie alle analisi che abbiamo potuto effettuare finora, possiamo escludere un incidente di cybersecurity nelle strutture di Red Eléctrica». In ogni caso, sempre il giorno dopo il blackout, il primo ministro Sánchez ha comunicato di non voler escludere nessuna ipotesi, spiegando che il Consiglio di sicurezza nazionale del governo ha istituito una commissione d’inchiesta, ma chiederà anche un rapporto indipendente al Gruppo di coordinamento europeo per l’elettricità della Commissione europea per avere un quadro più preciso.
Un’altra supposizione, riportata dai media internazionali e italiani, riguarda un raro fenomeno chiamato “vibrazione atmosferica indotta”. Si tratterebbe di una fluttuazione dell’alta tensione, potenzialmente causata da brusche variazioni di temperatura o pressione atmosferica, a loro volta legate al rilascio di energia dovuto a esplosioni, incendi, ondate di calore o altri eventi meteorologici estremi. Anche in questo caso, però, si tratta di presunzioni e non di dichiarazioni del governo spagnolo, come è stato erroneamente diffuso.
Ma la narrazione che ha preso più piede ha come protagoniste le energie rinnovabili. Secondo vari post comparsi sui social network, questo tipo di fonti energetiche non sarebbero in grado di provvedere ai bisogni di Paesi come la Spagna o il Portogallo e starebbero addirittura «creando vulnerabilità che minacciano direttamente la vita umana». Anche la testata italiana La Verità, il 30 aprile 2025, ha aperto il quotidiano con questa presunta notizia, definendo il blackout di qualche giorno prima «il risultato delle follie green di Ue e governo spagnolo». La realtà, però, è più complessa e articolata di così e, al momento in cui scriviamo, le certezze sulle cause del blackout sono ancora poche.
La ricostruzione dell’accaduto
Secondo la ricostruzione di Red Eléctrica, alle 12:33 di lunedì 28 aprile è stata rilevata una oscillazione molto forte nei flussi di energia delle reti elettriche. Nel giro di pochi istanti si è registrata una perdita improvvisa del 60 per cento dell’elettricità consumata nel Paese in quel momento, pari a circa 15 gigawatt, per una durata di cinque secondi. Questa oscillazione è stata dovuta al calo della produzione dell’energia elettrica che, secondo quanto riportato da El País, in Spagna proviene principalmente da centrali nucleari, centrali idroelettriche, impianti a ciclo combinato, cioè che producono energia elettrica combinando due cicli, uno a gas e uno a vapore, e parchi solari ed eolici.
Eduardo Prieto, direttore delle operazioni di Red Eléctrica, ha spiegato che questa disconnessione ha portato al collasso del sistema e al conseguente blackout. Nelle reti elettriche, quando produzione e consumo non sono allineati si generano variazioni improvvise chiamate “oscillazioni”. Sbalzi che, in realtà, sono normali e i sistemi sono progettati per compensarli automaticamente: se la frequenza sale troppo, alcuni impianti vengono scollegati per ridurre l’energia in eccesso. In questo caso, però, dopo una prima stabilizzazione, un secondo squilibrio, più intenso, ha superato le capacità di risposta della rete, facendole perdere stabilità e propagando l’anomalia in pochi istanti.
Dopo altri 3,5 secondi, i sistemi di sicurezza hanno disattivato il collegamento elettrico tra Spagna e Francia, uno dei pochi che connette la penisola iberica al resto dell’Europa. Isolamento che ha bloccato l’importazione di energia, aggravando la carenza interna. A quel punto, una parte rilevante della produzione da fonti rinnovabili è venuta meno, causando il blackout generale. A influire potrebbe essere stata la bassa inerzia del sistema elettrico, presente nei sistemi a combustibili fossili o nucleari, ma minore in quelli basati su fonti rinnovabili.
Se gli eventi sono chiari nei loro effetti, lo sono, però, molto meno nelle cause esatte che hanno innescato la crisi.
L’ennesimo pretesto per attaccare le rinnovabili
La Spagna, nella prima metà del 2024 ha generato quasi il 60 per cento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e per tutto l’anno il Paese ha superato per la prima volta, per dodici mesi consecutivi, la soglia del 50 per cento di generazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili. Il 16 aprile 2025 la Spagna ha raggiunto un traguardo storico coprendo completamente la domanda di energia elettrica peninsulare con energie rinnovabili.
Il blackout del 28 aprile ha puntato i riflettori sulle energie rinnovabili, ormai da diversi anni sotto attacco da parte di chi diffonde disinformazione sulla crisi climatica e sulle soluzioni adottate per mitigarla.
Il motivo per cui si è diffusa questa narrazione è principalmente perché le indagini preliminari di Red Eléctrica hanno indicato un problema di perdita di generazione fotovoltaica nella parte sud-occidentale della penisola. Inoltre, alcuni hanno ricordato che Redeia, gruppo che gestisce le infrastrutture strategiche per l’energia e le telecomunicazioni nel Paese e società madre di Red Eléctrica, nel suo rapporto annuale per il 2024 aveva avvertito sui rischi per la sicurezza del sistema derivanti dalla massiccia penetrazione delle energie rinnovabili nel sistema.
Tuttavia, diverse organizzazioni e specialisti hanno difeso le tecnologie più pulite, sostenendo che la disconnessione di 15 gigawatt di potenza in soli 5 secondi, in gran parte da impianti fotovoltaici, ma anche nucleari, è stata una conseguenza, non la causa scatenante del blackout che ha coinvolto l’intera rete elettrica della penisola.
Tra queste voci c’è anche la Fundación Renovables, think tank che mira a sensibilizzare la società spagnola sul tema delle energie rinnovabili, che ha chiarito come gli impianti fotovoltaici si siano disattivati in conformità con le norme di Red Eléctrica, aggiungendo che non si può attribuire senza prove la responsabilità del blackout alla produzione rinnovabile o ad altre fonti in modo esclusivo.
Anche secondo Beatriz Corredor, presidente di Red Eléctrica, «collegare l’incidente di lunedì alle rinnovabili non è corretto». Corredor ha spiegato anche che Red Eléctrica ha avviato un’indagine approfondita per raccogliere milioni di dati e sapere cosa è successo, millisecondo per millisecondo, assicurando che quanto accaduto funzionerà da lezione per non ripetere l’incidente in futuro.
Le fonti rinnovabili, come qualsiasi nuova tecnologia, necessitano di adattamenti per raggiungere lo stesso livello di affidabilità e stabilità delle centrali elettriche tradizionali. Accusarle senza prove certe e concrete è molto rischioso. Pratheeksha Ramdas, analista sul tema delle energie rinnovabili presso la società di consulenza norvegese Rystad Energy, ha dichiarato al Guardian che non si può «affermare che siano stati l’eolico e il solare a causare il blackout — nei giorni precedenti c’erano quantità di rinnovabili ben maggiori nel sistema». Tuttavia, «una quota più alta di rinnovabili potrebbe aver reso più difficile assorbire una perturbazione di frequenza» e le cause possono essere molte: «un guasto nel sistema, una linea di trasmissione debole». Secondo Ramdas questa è una lezione anche per altri Paesi, poiché «servono maggiori investimenti in inverter con funzione di regolazione della rete, che possono contribuire a stabilizzarla».
Mar Reguant, dottoressa in Economia presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha chiarito a El País che «chi, come noi, si occupa di questo settore è preoccupato per ciò che si sta dicendo sulle rinnovabili dopo il blackout, anche se ancora non se ne conoscono le cause» poiché «pur senza essere fondamentalisti di questo tipo di fonti energetiche, riteniamo che i vantaggi di queste tecnologie siano molto rilevanti e non si possa tornare indietro».
Una delle critiche rivolte alle rinnovabili è che, a differenza delle centrali convenzionali, non riescano a regolare con precisione parametri come la frequenza della rete elettrica, poiché dipendono da condizioni naturali come sole e vento. Le reti elettriche alimentate da gas o da energia nucleare hanno un’elevata inerzia, cioè una naturale resistenza ai cambiamenti improvvisi di frequenza. Al contrario, le reti basate sulle energie rinnovabili hanno un’inerzia più bassa e, se questo non viene compensato in qualche modo, possono risultare meno stabili e più vulnerabili agli sbalzi improvvisi.
Tuttavia, secondo alcuni esperti, è possibile superare questo limite adottando nuove strategie tecniche, come l’inerzia sintetica, che consentirebbe di stabilizzare la rete anche con impianti eolici e fotovoltaici. In caso di blackout, inoltre, si è visto che le rinnovabili possono partecipare efficacemente al riavvio del sistema.
La Spagna viene spesso citata come modello internazionale di successo nella transizione energetica. Sempre Reguant ha chiarito che per aumentare la sicurezza della rete, una delle soluzioni più promettenti è l’uso di batterie per lo stoccaggio, come già avviene in California, dove la capacità è cresciuta da 500 a 13.000 megawatt tra il 2018 e il 2024.
Chiara Di Mambro, direttrice strategia Italia e Europa del think tank Ecco, ha commentato a Wired che «le cause del black out in Spagna e Portogallo saranno note solo con il tempo. Incolpare le rinnovabili non restituisce la complessità della questione», aggiungendo che «con un importante afflusso di energia intermittente la resilienza delle reti è fondamentale».
Mentre la Spagna tentava di ripristinare il funzionamento della rete elettrica, Stephen Jarvis, professore associato di economia ambientale alla London School of Economics and Political Science, ha monitorato i cambiamenti nel sistema. Su Bluesky ha spiegato che lui stesso ha osservato come solare, eolico e idroelettrico continuavano a fornire energia, mentre nucleare, gas e carbone erano completamente fuori servizio.
A Euronews Green il professor Keith Bell, docente di sistemi energetici del futuro presso l’Università di Strathclyde del Regno Unito, ha spiegato che «eventi di questa portata si sono verificati in molti luoghi del mondo nel corso degli anni, in sistemi energetici che utilizzano combustibili fossili, nucleare, idroelettrico o fonti rinnovabili variabili» e che non importa da dove si ottiene l’energia, «è necessario che l’ingegneria sia corretta per garantire forniture di elettricità resistenti».
Nonostante la narrazione che demonizza le rinnovabili, il punto non sembra tanto essere sul tipo di energia utilizzata, ma sulla gestione del sistema e sull’adattamento a questo nuovo tipo di energia, fondamentale per la transizione verso una minore dipendenza dai combustibili fossili.
I blackout possono verificarsi indipendentemente dal tipo di energia che alimenta la rete. Nel 2003, ad esempio, Londra è stata vittima di un consistente taglio dell’energia elettrica e in quel momento la rete era alimentata principalmente da combustibili fossili. Il blackout era stato causato da un trasformatore guasto e da un componente installato in modo errato.
Il dibattito sul nucleare
L’incidente del 28 aprile, però, non ha alimentato solo il dibattito sull’uso delle energie rinnovabili, ma ha riattivato anche un confronto già molto acceso sull’energia nucleare, rilanciato anche da alcuni media italiani. C’è, infatti, chi ha colto la palla al balzo per provare a dimostrare come le rinnovabili non siano sicure e le centrali nucleari debbano continuare a essere considerate nei piani energetici del Paese.
L’attuale pianificazione energetica del governo spagnolo, approvata dall’Unione europea, prevede la chiusura e lo smantellamento delle cinque centrali nucleari del Paese tra il 2027 e il 2035. La destra ed estrema destra del Partito popolare e Vox, però, è contraria a questo progetto e sostiene, invece, che le centrali nucleari debbano restare aperte in quanto sarebbero una fonte energetica fondamentale e più sicura. Dopo il blackout queste forze politiche hanno rafforzato la loro posizione, fino ad accusare il governo di nascondere informazioni.
In Spagna ci sono ad oggi cinque centrali nucleari attive, con un totale di sette reattori in funzione. La produzione di energia elettrica nucleare in Spagna nel 2022 è stata pari a circa il 20 per cento della produzione totale del sistema elettrico nazionale. Tuttavia, con la crescente diffusione delle fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, questo scenario sta cambiando, e la quota di energia nucleare nel sistema sta diminuendo. Il motivo principale è economico, poiché le centrali nucleari non riescono più a competere con i prezzi molto più bassi dell’elettricità prodotta dalle rinnovabili.
Xavier Cugat, esperto di energie rinnovabili, ha raccontato a El País che poco prima del blackout, precisamente alle 12:32, le fonti rinnovabili stavano coprendo circa il 70 per cento della domanda di elettricità in Spagna. In quel momento, solo quattro dei sette reattori nucleari erano in funzione, mentre gli altri tre erano fermi perché non riuscivano a competere con i bassi costi dell’energia solare ed eolica.
Il presidente del Governo, Pedro Sánchez, ha lanciato un messaggio chiaro, spiegando che «durante questa crisi, le centrali nucleari non solo non sono state una soluzione, ma hanno rappresentato un problema, perché erano spente ed è stato necessario deviare verso di esse grandi quantità di energia per mantenere stabili i loro nuclei». Sànchez, nello stesso discorso pubblico, ha aggiunto anche che «c’era produzione nucleare poco prima del crollo del sistema, ma si è disconnessa come tutte le altre tecnologie», sottolineando così che questa non può essere considerata una soluzione. «L’energia nucleare non si è dimostrata più resiliente rispetto alle altre fonti energetiche», ha concluso il presidente, spiegando che il processo di ripristino delle centrali nucleari che sono andate fuori servizio durante il blackout, il giorno successivo, cioè martedì 29 aprile, non era ancora stato completato. Secondo Sánchez questo dimostra che con una maggiore dipendenza dal nucleare, il recupero non sarebbe stato così rapido come quello che è avvenuto.
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