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I bot si sono presi internet

Per la prima volta nella storia, i bot presenti online superano in numero le persone reali – e Twitch lo ha scoperto a proprie spese

28 ottobre 2025
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Nel mese di agosto, Twitch si è “svuotata”. Come riportato da Forbes, infatti, nei due mesi precedenti la popolare piattaforma di streaming ha registrato un calo di utenti fino al 25 per cento. Secondo analisti e content creator, la causa principale sarebbe l’aggiornamento del sistema di rilevamento delle visualizzazioni false durante le dirette.

L’episodio è solo il sintomo di un problema che da anni affligge Internet e che, nell’ultimo periodo, ha raggiunto il suo apice: la presenza sempre più massiccia di bot online, capaci di intasare la rete e di destare preoccupazione anche tra i principali esponenti dell’industria digitale.

Cosa sono i bot

I bot sono software progettati per eseguire automaticamente una serie di azioni online. Tra i primi esempi di web bot figurano i chatbot utilizzati già alla fine degli anni ’80 sulle Internet Relay Chat (IRC, protocolli di messaggistica istantanea) con l’obiettivo di facilitare la moderazione dei canali di comunicazione. Oggi, tra i bot più diffusi sul web, ci sono i crawler, programmi che ogni giorno scansionano migliaia di pagine per indicizzarle all’interno dei motori di ricerca.

I bot vengono comunemente suddivisi in due categorie, a seconda del loro fine: good (buoni) e bad (cattivi). Se quelli appena citati possono essere classificati come “good bots”, quindi programmi legittimi che svolgono compiti che facilitano operazioni tediose, alla seconda categoria appartengono tutti quei software programmati con scopi maligni come danneggiare un’azienda, rubare dati o pubblicizzare illecitamente prodotti o servizi. 

Il caso Twitch

Twitch è una piattaforma di streaming nata nel 2011 come spin-off di un altro sito di live-streaming, Justin.tv. Presentatasi fin dall’inizio come portale dedicato principalmente al gaming, Twitch venne successivamente comprata da Amazon nel 2014 per 970 milioni di dollari. Ad oggi, è la piattaforma leader nel settore del live-streaming, con 4,9 miliardi di ore visualizzate e un guadagno di 1,8 miliardi di dollari solo nel 2024

La vicenda che ha colpito il sito nell’estate del 2025 è diventata pubblica con un post pubblicato a fine luglio su X dal profilo ufficiale della piattaforma di streaming, in cui l’azienda avvertiva che, a seguito di «cambiamenti che hanno significativamente migliorato la nostra abilità nell’identificare viewbots, visualizzazioni false e altri potenziali tipi di false engagement», utenti che hanno usufruito – o subito, view-botting – avrebbero potuto riscontrare, nelle settimane a venire, dei cambiamenti nei contatori di visualizzazioni.

La pratica definita “viewbotting” consiste nell’utilizzo illecito di software per gonfiare artificialmente il contatore degli spettatori di una qualsiasi diretta online. Questo stratagemma viene utilizzato da anni su diversi social network: nel 2018, il New York Times rivelò un mercato nero di false visualizzazioni per i video su YouTube portato avanti da aziende che arrivavano a fatturare milioni di dollari tramite la compravendita di pacchetti di bot. La stessa Twitch non è nuova al fenomeno: nel 2021, con un post dall’account X ufficiale della piattaforma, l’azienda dichiarò di aver individuato più di 7,5 milioni di bot utilizzati per gonfiare iscritti e visualizzazioni. 

Lo scopo è quello di ottenere più popolarità nel minor tempo possibile, aumentando così la visibilità degli streamer – chi fa le dirette online – per scalare più velocemente le classifiche e attrarre gli sponsor. PB Berge, assistant professor in media e tecnologia dell’Università dell’Alberta, ha spiegato in un’intervista a CBC Kids News, sito della rete televisiva canadese Canadian Broadcasting Corporation, come i contratti tra gli sponsor e i content creator siano principalmente basati sul quantitativo di visualizzazioni che ottengono quest’ultimi durante le loro live-streaming.  

Dopo l’annuncio di Twitch sui bot, siti come TwitchTracker e Streams Charts, che fanno rilevamenti giornalieri sul numero di visualizzazioni sulla piattaforma, hanno notato un improvviso calo di queste ultime. In particolare, come riporta la testata Dexerto, le statistiche di TwitchTracker relative alla settimana dal 18 al 24 agosto mostrano un calo delle visualizzazioni fino al 24 per cento in meno rispetto alla settimana precedente. Consultando il grafico del numero di spettatori mensili dal 2012 ad oggi sul sito di TwitchTracker, la piattaforma ad agosto 2025 ha registrato i peggiori risultati da marzo 2020.

Grafico degli spettatori mensili su Twitch dal 2019 al 2025 (fonte: TwitchTracker)

In un report rilasciato il 23 settembre, Streams Charts ha mostrato i dati relativi al viewbotting su Twitch nei primi due quadrimestri del 2025, calcolati incrociando la percentuale totale delle visualizzazioni di una live con il numero dei soli utenti iscritti a Twitch che hanno guardato quella stessa trasmissione, rivelando come fra maggio e agosto quasi 41mila streamer hanno avuto almeno una live stream con un «comportamento di spettatori sospetto». Questi content creator sarebbero responsabili di più di 30 milioni di ore del “watch time totale”, ovvero il tempo di visualizzazione generato da tutte le live trasmesse nei primi 8 mesi del 2025.

Il responsabile del prodotto (CPO) di Twitch Mike Minton, sentito da Dexerto, ha tuttavia negato il crollo degli spettatori sul sito: «Abbiamo osservato circolare un po’ di disinformazione che include dati estratti da risorse di terze parti. Quei numeri sono errati e non vengono da Twitch». La piattaforma però non rilascia ufficialmente statistiche dettagliate relative al numero di visualizzazioni sul sito, se non tramite dei brevi riepiloghi di fine anno. Lo stesso CEO dell’azienda, Dan Clancy, in un’intervista di fine luglio sul canale YouTube del content creator Noah Kara, ha confermato l’esistenza del problema del view-botting nella piattaforma, pratica che secondo lui toccherebbe solo gli streamer più piccoli in termini di numeri, ammettendo però di non conoscerne la reale portata.

I bot su internet e nei social media

Come già anticipato, i bot non sono un problema ascrivibile alla sola piattaforma Twitch.

Secondo il report “Bad Bot Report 2024” di Imperva, azienda di cyber security americana, nel 2024 il numero di bot presenti online, sia leciti che non, ha superato per la prima volta dal 2014 il numero di persone reali, raggiungendo il 51 per cento del traffico sul web complessivo. Di questa percentuale, la maggior parte, il 37 per cento, sono bad bots

Guardando ai soli social network, le indagini indipendenti più recenti mostrano uno scenario sempre più negativo su X, in cui si sospetta che più del 64 per cento dell’utenza sia composta da bot. Per quanto riguarda Facebook, Meta ha eliminato nel 2024 più di 100 milioni di pagine e più di 23 milioni di profili falsi, mentre guardando all’altra piattaforma di loro proprietà, Instagram, ammonterebbero a 95 milioni i bot presenti sulla piattaforma, come riportato in un articolo di maggio 2025 della testata BasicThinking. Il Community Guidelines Enforcement Report di TikTok, aggiornato a giugno 2025, mostra come la piattaforma ha individuato, solo da gennaio a giugno, più di 260 milioni di falsi account e più di 400 milioni di video disinformativi o spam. Su Reddit, piattaforma di social news, da gennaio a giugno 2025 sono stati rimossi oltre 158 milioni di post di cui più della metà erano spam, secondo il Transparency Report della stessa piattaforma. 

La teoria dell’internet morto è divenuta realtà?

Questi numeri, che mostrano un world wide web sempre più popolato da bot, hanno cominciato a preoccupare alcuni dei protagonisti dell’industria digitale come Alexis Ohanian, cofondatore di Reddit, che recentemente, nel podcast TBPN, ha affermato che «buona parte di internet oggi è morta, che siano bot, quasi-AI o Linkedin slop», riferendosi con quest’ultimo concetto alla AI slop, ovvero contenuti sul web generati da un’intelligenza artificiale sempre più elaborata che sta creando confusione e disagi in diversi angoli dell’internet, da Wikipedia ad, appunto, Linkedin.

La recente indagine di Graphite, agenzia che si occupa di SEO (Search Engine Optimization) che ha analizzato 65mila pagine web dal 2022 a gennaio 2025, ha rivelato che il numero di articoli generati dall’intelligenza artificiale è aumentato vertiginosamente in tre anni, arrivando nel novembre 2024 a superare il numero di articoli prodotti dall’uomo. 

Ad aggiungersi, quindi, alla sempre più massiccia presenza di bad bots classici vi sono gli ai bot e i contenuti prodotti da quest’ultimi ad affollare il traffico del web, facendo riemergere una vecchia teoria del complotto, ovvero la “Dead Internet Theory” (teoria dell’internet morto).

La teoria è nata negli anni dieci sulla piattaforma online 4chan e ipotizza che i contenuti prodotti da bot e intelligenza artificiale avrebbero ormai superato quelli generati dagli esseri umani già a partire dal 2016, rendendo internet un posto gestito principalmente dalle macchine. Oggi la tesi sta ottenendo l’attenzione di importanti esponenti dell’industria digitale, a partire da Ohanian fino a Sam Altman, cofondatore di OpenAI, azienda proprietaria dei modelli di IA più utilizzati ad oggi come ChatGPT e Sora, che il 4 settembre 2025 su X ha scritto «Non ho mai preso seriamente la Dead Internet Theory, ma sembra che ora ci siano tanti account twitter gestiti da LLM (tipo di intelligenza artificiale incentrata su analisi e creazione di testi)».

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