
L’industria del fossile alimenta l’odio anti-trans per nascondere i danni ambientali
La comunità transgender è finita nel mirino di alcune delle principali multinazionali del petrolio, come parte di una strategia di distrazione e conservazione del potere
Negli ultimi anni, i diritti delle persone trans stanno subendo una pericolosa battuta d’arresto sia in Europa che negli Stati Uniti. Secondo il report 2025 di ILGA-Europe, organizzazione internazionale non governativa che riunisce oltre 700 organizzazioni di 54 Paesi in Europa e Asia centrale e che difende i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersex, il continente europeo sta vivendo uno smantellamento sistematico dei diritti umani delle persone queer, spesso giustificato con la necessità di preservare l’ordine pubblico. Inoltre, l’accesso alle cure trans-specifiche è ostacolato, in molti Paesi, da leggi inadeguate o esplicitamente restrittive, soprattutto per i minori.
Negli Stati Uniti, la situazione non è meno allarmante: il 2025 segna il quinto anno consecutivo di record negativi per il numero di proposte legislative anti-trans. Sono ben 923 i disegni di legge attualmente in discussione a livello statale e federale che mirano a limitare i diritti delle persone trans e con identità di genere non conforme, di cui 113 già approvati, 732 ancora attivi e solo 78 falliti. Queste leggi colpiscono ambiti fondamentali come l’accesso alle cure sanitarie, la partecipazione allo sport e il riconoscimento legale del genere. L’amministrazione Trump, in particolare, ha promosso politiche che impongono la classificazione di genere esclusivamente su base biologica, escludendo le persone transgender da documenti ufficiali e dal servizio militare, mentre il sostegno dell’opinione pubblica a queste misure restrittive è in crescita: secondo una ricerca del Pew Research Center, quasi la metà degli statunitensi si dichiara favorevole a leggi che obbligano le persone trans a usare i bagni pubblici corrispondenti al sesso di nascita.
Questa ondata di repressione legislativa e sociale si riflette in un aumento della vulnerabilità, della discriminazione e della violenza contro la comunità trans e a rendere ancora più drammatica questa situazione intervengono due fattori spesso sottovalutati. Da un lato, i disastri climatici colpiscono in modo sproporzionato la comunità queer, già più vulnerabile a causa di discriminazioni, precarietà abitativa e difficoltà di accesso ai servizi di emergenza. Dall’altro, nuove inchieste hanno rivelato che alcune delle principali multinazionali del petrolio, come parte di una strategia di distrazione e conservazione del potere, stanno finanziando attivamente i movimenti anti-trans, alimentando la diffusione di leggi e campagne ostili.
In questo scenario, la battaglia per i diritti delle persone trans si intreccia con quella per la giustizia climatica e contro l’influenza delle lobby del fossile, delineando una sfide urgente e complessa.
L’odio dei movimenti anti-trans
Il dibattito sui diritti delle persone trans ha ormai attraversato quasi ogni ambito della vita pubblica e politica tra Europa e Stati Uniti, diventando un campo di forte polarizzazione. Chi si oppone ai diritti delle persone trans spesso descrive l’identità di genere non conforme come una minaccia crescente alla sicurezza e alla stabilità sociale. Ad esempio, l’ex prima ministra britannica Liz Truss ha collegato la debolezza dell’Occidente di fronte all’invasione russa dell’Ucraina a «ridicoli dibattiti» sui pronomi. Negli Stati Uniti, Donald Trump ha sostenuto che la presenza di soldati e soldate trans indebolirebbe l’esercito americano e la sua coesione. I movimenti cosiddetti “gender critical” accusano le donne trans di mettere a rischio la sicurezza di donne e ragazze, contestando la loro presenza in spazi come bagni pubblici, carceri o competizioni sportive scolastiche. Gruppi come “Keep Prisons Single Sex” parlano apertamente dell’esistenza di una presunta “lobby trans” che starebbe conquistando istituzioni statali e sociali. Anche la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha fatto riferimento, sui suoi social, a una presunta «lobby Lgbt» contrapposta alla «famiglia naturale». In generale le destre, europee e non solo, nascondono l’odio e la discriminazione dietro una crociata contro “l’ideologia gender”, ma in realtà mirano a delegittimare ogni espressione di identità e orientamento che sfugge ai modelli tradizionali, rafforzando così un’agenda politica conservatrice che colpisce non solo le persone Lgbtq+, ma anche l’educazione sessuale, la libertà di espressione e in generale i diritti di varie comunità per molti motivi ancora marginalizzate.
I movimenti anti-trans si inseriscono in questo contesto di odio e conservatorismo, alimentando paure infondate e promuovendo retoriche allarmistiche che dipingono le persone trans come una minaccia all’ordine sociale, alla famiglia tradizionale o alla sicurezza delle donne. Si tratta di un fenomeno complesso e articolato che, negli ultimi anni, si è trasformato in un fenomeno sempre più organizzato e influente, intrecciando ideologie, politiche e interessi economici con l’obiettivo di limitare i diritti delle persone trans.
Al centro di questa rete si intrecciano tre grandi componenti: da una parte il femminismo radicale escludente (TERF, acronimo che significa “trans exclusionary radical feminists”, in italiano: “femministe radicali trans escludenti”), che nega il genere come esperienza personale e difende una visione rigidamente biologica; dall’altra, gruppi di estrema destra e teorici del complotto, che usano la questione trans come terreno di scontro per le loro battaglie culturali. Infine, organizzazioni che diffondono disinformazione anti-trans e promuovono pratiche di conversione – come il movimento antiabortista “Pro vita & Famiglia” – spesso mascherate da approcci terapeutici legittimi, con l’obiettivo di screditare le cure di affermazione di genere e reprimere identità e orientamenti non conformi.
Negli ultimi anni, la campagna anti-trans ha saputo farsi spazio nel dibattito pubblico diffondendo disinformazione mirata, con l’obiettivo di alimentare paure irrazionali, accrescere l’odio verso la comunità trans e legittimare forme più ampie di discriminazione. Questo attacco si articola attorno a quattro narrazioni principali e ricorrenti: l’idea che le persone trans siano potenzialmente pericolose, descritte come “adescatrici” o “pedofili”; la negazione dell’identità di genere, presentata come un’invenzione priva di fondamento; la convinzione che le donne trans rappresentino una minaccia per la sicurezza di ragazze e donne cisgender; e infine l’accusa che le cure e l’educazione di affermazione di genere siano dannose per i bambini e le bambine. Messaggi di questo tipo, spesso ripresi da politici, media e gruppi estremisti, costruiscono un clima di sospetto e ostilità che rende sempre più difficile la vita delle persone trans.
Le realtà che compongono i movimenti anti-trans, apparentemente diverse tra loro, collaborano strettamente, condividendo risorse, strategie e finanziamenti per influenzare leggi e opinione pubblica, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Nel Regno Unito, ad esempio, il femminismo “gender-critical” si è alleato con forze conservatrici per ostacolare il riconoscimento legale delle persone trans, alimentando paure e stereotipi.
Nonostante la documentata marginalizzazione e le dimensioni ridotte della popolazione trans, questi movimenti descrivono l’esistenza di questa comunità come una vera e propria emergenza da affrontare, disseminando odio e discriminazione.
Narrazioni di questo tipo, spesso sostenute da media compiacenti e da politici in cerca di consenso, contribuiscono a legittimare discriminazioni e violenze, ostacolando il riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone trans e riducendo lo spazio per un dibattito pubblico informato e rispettoso.
I miliardari dei combustibili fossili finanziano molti movimenti anti-trans
In un contesto già segnato da marginalizzazione e fragilità sociale, le persone trans, prese di mira da movimenti anti-trans e da molte forze di destra a livello globale, si trovano ad affrontare una vulnerabilità ancora più profonda a causa della crisi climatica. All’interno della più ampia comunità Lgbtq+, queste persone spesso vivono in condizioni di povertà, discriminazione e isolamento, che le espongono in modo sproporzionato agli effetti devastanti dei disastri naturali e della crisi climatica.
A rafforzare questa doppia vulnerabilità contribuiscono anche forti interessi economici: diversi miliardari legati all’industria dei combustibili fossili finanziano attivamente i movimenti anti-trans, sostenendo campagne volte a emarginare ulteriormente questa comunità. In questo intreccio, la crisi climatica e l’attacco ai diritti trans si rivelano facce della stessa strategia, alimentata da una rete di potere che strumentalizza entrambe le questioni per conservare controllo e influenza.
Un’inchiesta recentemente pubblicata dal media Atmos e da HEATED, newsletter dedicata alle responsabilità climatiche, ha rivelato che circa l’80 per cento delle organizzazioni anti-trans negli Stati Uniti esaminate riceve finanziamenti diretti o indiretti da miliardari e aziende legate ai combustibili fossili.
Tra i principali finanziatori emerge Phil Anschutz, miliardario con un patrimonio costruito nel settore petrolifero e del gas, che ha donato centinaia di migliaia di dollari a gruppi conservatori e anti-trans come l’Alliance Defending Freedom (ADF) che nel 2020 ha fatto causa allo Stato del Minnesota per la sua difesa dei diritti delle persone trans. Lo stesso movimento tra il 2013 e il 2022 aveva ricevuto una donazione di 58 mila dollari dalla Shell USA Company Foundation, fondazione aziendale di Shell USA, una delle maggiori compagnie petrolifere e del gas al mondo.
L’analisi, condotta da tre ricercatori indipendenti nel 2023, ha esaminato 45 organizzazioni di destra impegnate contro i diritti delle persone trans, scoprendo che la maggior parte ha ricevuto fondi dal settore dei combustibili fossili. Secondo gli esperti, questa strategia serve a distrarre l’opinione pubblica dai rischi reali della crisi climatica, utilizzando la retorica anti-trans per costruire una base politica contraria all’azione climatica. Inoltre, i risultati dell’inchiesta mostrano i modi insidiosi in cui l’industria del petrolio e del gas usa il suo denaro per danneggiare i diritti delle persone trans, che sono tra le comunità più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico.
La connessione tra industria fossile e movimenti anti-trans si inserisce in un quadro più ampio di influenza dei miliardari del petrolio e del gas sulla politica conservatrice, che finanziano anche altre cause reazionarie come la lotta contro l’aborto, le politiche migratorie restrittive o la disinformazione climatica volta a minare le politiche e le azioni per il clima. Questa rete di finanziamenti contribuisce a mantenere e rafforzare un sistema politico che ostacola la giustizia climatica, ma anche i diritti civili.
Per l’industria dei combustibili fossili mantenere le persone trans ai margini è necessario per mantenere lo status quo culturale attuale, basato su modelli tradizionali di famiglia e vita quotidiana, con ruoli rigidi e consumi energetici elevati, che continuano a sostenere il sistema attuale.
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