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Sì, secondo una ricerca i pesci contengono una quantità di parassiti 283 volte superiore rispetto al passato

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16 giugno 2020
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Lunedì 15 giugno la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un articolo, pubblicato il 20 marzo dal sito web Ambiente Bio, dal titolo: «Vermi parassiti nel sushi e nel sashimi: ecco perché fare attenzione».

L’articolo prende spunto da «recenti studi» condotti da ricercatori dell’università del Washington, a Seattle, per affermare che «il pesce usato per il sushi ora contiene 283 volte più vermi parassiti rispetto a 40 anni fa». Il verme parassita più pericoloso, in particolare, sarebbe l’Anisakis, che può causare «nausea,vomito e diarrea».

Si tratta di una notizia vera.

Lo studio, guidato dal ricercatore di biostatistica Evan Fiorenza, è stato pubblicato sul numero di marzo di Global Change Biology – pubblicazione scientifica dedicata alla preservazione della biodiversità – e si basa sull’analisi dei dati riportati in 123 ricerche precedenti, da cui è stato estrapolato il numero medio di Anisakis trovati in quasi 57mila pesci appartenenti a 215 specie di tutto il mondo, tra il 1978 e il 2015.

Secondo i ricercatori, la quantità di Anisakis nella popolazione marina esaminata è cresciuta di 283 volte tra il 1978 e il 2015, mentre quella di Pseudoterranova, secondo verme parassita per diffusione, è rimasta costante nel tempo.

I ricercatori non sono in grado di stabilire le cause di un tale risultato, ma evidenziano come il dato possa essere potenzialmente pericoloso per l’uomo. «Questo parassita si trasmette agli umani attraverso il consumo di pesci infetti crudi o poco cotti» si legge nella ricerca, «arrivando a causare sintomi come nausea, vomito e diarrea».

Il consumo di pesce crudo è tipico della cucina giapponese, con sushi e sashimi, pesce che nella maggior parte dei casi arriva sulle nostre tavole senza passare per la cottura (anche se il regolamento europeo 853/2004  impone un periodo di abbattimento della temperatura a -20 gradi per almeno 24 ore) e che è quindi maggiormente a rischio  di incubare parassiti, soprattutto quando non trattato da professionisti.

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