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No, Google Trends non ha dimostrato che il nome di uno degli attentatori di Sydney era stato ricercato in Israele prima dell’attacco terroristico

No, Google Trends non ha dimostrato che il nome di uno degli attentatori di Sydney era stato ricercato in Israele prima dell’attacco terroristico

19 dicembre 2025
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  • Sui social media circola la notizia che una ricerca su Google Trends ha dimostrato che il nome di uno degli attentatori di Sydney era stato ricercato in Israele prima dell’attacco terroristico.
  • Si tratta di un contenuto presentato in maniera fuorviante, che diffonde una teoria del complotto infondata secondo cui dietro la strage ci sarebbe Israele.
  • I dati emersi sono in realtà “rumore statistico” dovuto al funzionamento stesso di Google Trends. Questo significa che è stato mostrato un certo interesse di ricerca anche se non ci sono state ricerche effettive.

Il 14 dicembre 2025 su X è stata pubblicata un’immagine che mostra come su Google Trends «Naveed Akram», il nome di uno degli attentatori dell’attacco terroristico durante la celebrazione di una festività ebraica a Bondi Beach, a Sydney, che ha provocato 16 vittime e 40 feriti, fosse comparso il giorno prima della strage in alcune ricerche effettuate su Google a Tel Aviv. 

Chi ha condiviso la foto, ha commentato in questo modo: «L’autore della sparatoria sulla spiaggia di Bondi in Australia, Naveed Akram, è stato cercato su Google a Tel Aviv il 13 dicembre, un giorno prima della sparatoria. Perché ?». Lo stesso tipo di contenuto è stato diffuso anche su Facebook.

Si tratta di un contenuto presentato in maniera fuorviante, che diffonde una teoria del complotto infondata, diffusasi dopo l’attentato terroristico a Bondi beach, secondo cui dietro la strage ci sarebbe Israele.

La storia ingannevole sui risultati di Google Trends è stata condivisa in origine su X da un account in inglese che ha diffuso disinformazione e complottismo su Bondi beach, rilanciando ad esempio post in cui si sostiene senza alcuna riscontro che i feriti dell’attacco mostrati in televisione fossero parte di una messinscena. Lo stesso account ha pubblicato come prova un video in cui ha salvato gli esiti ottenuti su Google Trends cercando il termine «Naveed Akram» a Tel Aviv. Questi risultati però non dimostrano tuttavia che prima dell’attentato qualcuno abbia cercato in Israele il nome di uno dei due uomini che poi avrebbero compiuto l’attacco.

Come spiega la stessa Google in una pagina apposita, Google Trends è uno strumento che «dà accesso a un campione quasi senza filtri di richieste di ricerca effettive fatte a Google. Il campione viene reso anonimo (nessuno viene identificato personalmente), classificato (viene stabilito l’argomento delle query di ricerca) e aggregato (raggruppato). Questo ci permette di mostrare l’interesse per un determinato argomento in tutto il mondo o in città specifiche». La stessa Google, sempre nella stessa pagina, avverto però «che chi si affida ai dati di Google Trends dovrebbe sapere che non rispecchiano perfettamente l’attività di ricerca». 

Contattata da Facta, l’azienda ha spiegato infatti che «la ricerca Google elabora miliardi di query ogni giorno» e che «Google Trends utilizza un potente motore statistico che elabora set di dati campionati e metodi statistici per stimare l’interesse complessivo». Tuttavia, ha precisato Google, «sebbene questi metodi siano efficaci per i termini ricercati di frequente, la loro accuratezza può essere ridotta per argomenti meno comuni a causa della difficoltà di identificarli all’interno di un volume di dati così ampio». Inoltre, «Trends incorpora meccanismi statistici di protezione della privacy nel nostro motore, che potrebbero ridurre ulteriormente l’accuratezza per le query a basso volume».

Google ha precisato quindi all’Australian Broadcasting Corporation (ABC News) che i risultati comparsi ricercando il nome dell’attentatore prima della strage a Tel Aviv potrebbero mostrare un “rumore statistico” a causa delle protezioni della privacy e/o del basso volume di campionamento. Questo significa che per termini molto rari, i dati di Trends potrebbero sembrare mostrare un certo interesse di ricerca anche se non ci sono state ricerche effettive, ha affermato Google. ABC News ha riprodotto la ricerca su Google Trends, ma non è emerso alcun picco che mostra comparire tra le ricerche su Google a Tel Aviv il nome di uno degli attentatori di Bondi Beach prima del 14 dicembre. Il picco di ricerche è comparso solo dal momento in cui il nome dell’uomo armato è stato rivelato dai media. ABC News ha poi eseguito test in altri Paesi e in questi casi sono invece emersi dei picchi di ricerca prima dell’attentato. Questo dimostra, scrive il media australiano, che i risultati ottenuti non sono affidabili.

Su The Conversation, Jacques Raubenheimer, ricercatore ed esperto di biostatistica presso l’Università di Sydney, ha scritto di aver studiato approfonditamente i meccanismi di Google Trends durante la propria ricerca e di aver dimostrato «che le query relative a termini non ampiamente ricercati (come “Naveed Akram” prima della sparatoria) o in piccole regioni geografiche (dove ci sono meno persone che effettuano ricerche) possono mostrare un’ampia variazione di risultati da un campione all’altro». I picchi registrati in alcune ricerche, continua l’esperto, sono per l’appunto «spesso causati da “rumore statistico” nei dati: piccole fluttuazioni casuali che vengono attenuate quando si analizza un numero maggiore di eventi». Raubenheimer afferma quindi che i dati di Google Trends possono essere incredibilmente utili, ma che è necessario saperli comprendere e interpretare i risultati in modo appropriato. «E Google Trends non ci dice certamente nulla su Naveed Akram e l’attacco terroristico di Bondi», conclude il ricercatore.

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