
La disastrosa copertura mediatica italiana della deriva autoritaria in Georgia
Il racconto giornalistico, pieno di inesattezze, ha finito per creare confusione e fraintendimenti sugli avvenimenti nel Paese
Lo scorso 26 ottobre in Georgia si sono svolte elezioni parlamentari che, a distanza di oltre sei mesi, continuano a influenzare la vita politica del Paese, tra proteste quotidiane e un processo di consolidamento autoritario per il momento irreversibile.
Gli eventi di questi mesi hanno portato la Georgia all’attenzione della stampa italiana come forse mai era successo in passato. La copertura mediatica però non è stata esente da inesattezze che hanno finito per creare confusione e fraintendimenti sugli avvenimenti nel Paese.
Elezioni e proteste
Lo scorso autunno si è votato per rinnovare i 150 seggi del Parlamento unicamerale. Le elezioni erano viste da osservatori interni ed esterni come un momento spartiacque. Diversi elementi facevano pensare che un’affermazione elettorale di Sogno Georgiano, partito al governo dal 2012, potesse portare a una svolta autoritaria e al deragliamento del processo di integrazione europea della Georgia, visto favorevolmente dalla vasta maggioranza della popolazione.
La tornata elettorale arrivava, infatti, in un periodo di grande spaccatura per il Paese, attraversato da mesi di proteste ininterrotte contro il governo e al termine di una legislatura caratterizzata da scontri e polarizzazione tra le forze politiche. Le tensioni erano emerse subito dopo le precedenti elezioni parlamentari dell’autunno 2020, con i partiti di opposizione che si erano rifiutati di riconoscere il risultato del voto per via dei brogli percepiti. Lo stallo si era concluso alla fine del 2021 grazie alla mediazione europea con le opposizioni rientrate in Parlamento.
Nel 2022, invece, a smuovere le acque della politica georgiana ci avevano pensato gli eventi esterni. Il governo di Tbilisi ha reagito piuttosto prudentemente all’invasione russa dell’Ucraina non unendosi, ad esempio, al regime di sanzioni occidentali contro Mosca. L’astio per la Russia è onnipresente in Georgia per i tre secoli di dominio russo sul Paese e per il sostegno politico, economico e militare di Mosca all’Abcasia e all’Ossezia del Sud, due regioni de facto indipendenti, ma internazionalmente riconosciute come territorio georgiano. Il supporto tra i georgiani per la causa ucraina è stato quindi molto forte, soprattutto nelle prime fasi dell’invasione, e l’inazione dell’esecutivo non è stata apprezzata da una parte della popolazione.
In risposta a tali critiche, Sogno Georgiano ha iniziato a promuoversi con sempre maggior forza come un “partito della pace” costretto a opporsi a un fantomatico “partito globale della guerra”, forze interne ed esterne che vorrebbero trascinare la Georgia nel conflitto tra Occidente e Russia. Su questa narrazione il partito avrebbe basato la sua campagna elettorale per le elezioni del 2024, presentate come un referendum tra la guerra e la pace.
2) Altri esempi dell'uso che Sogno Georgiano fa delle immagini dell'Ucraina bombardata dalla Russia per promuovere la narrazione di se stesso come "Partito della Pace". pic.twitter.com/nxjP8y78wC
— Aleksej Tilman (@TilmanAlioscia) October 25, 2024
Lo scontro politico è proseguito nella primavera del 2023, quando il governo ha sostenuto un disegno di legge “sugli agenti stranieri”. Tale legislazione avrebbe imposto alle entità giuridiche (organizzazioni della società civile e media) che ricevono almeno il 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero di iscriversi a un registro di «organizzazioni che perseguono gli interessi di una potenza straniera».
Le numerosissime organizzazioni non governative che in Georgia rientrano in questa fattispecie giuridica sarebbero state obbligate a fornire dettagli sui propri finanziamenti allo Stato, che avrebbe ottenuto accesso ad altre informazioni sensibili, quali, per esempio, i contatti degli informatori delle testate giornalistiche, con implicazioni inquietanti per la libertà di informazione e associazione. Visto il rischio concreto che la legislazione potesse arrestare i negoziati per l’ingresso della Georgia nell’Unione Europea, nel marzo 2023 decine di migliaia di cittadini sono scesi in massa nelle strade di Tbilisi e hanno convinto il governo a fare un passo indietro.
Sembrava l’inizio di un periodo più tranquillo. Il 14 dicembre 2023, la Georgia ha ottenuto dal Consiglio europeo l’agognato status di Paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea. Ma l’idillio è durato poco. Nella primavera del 2024, Sogno Georgiano ha riproposto un disegno di legge sostanzialmente uguale alla legge “sugli agenti stranieri” dell’anno precedente. E di nuovo i georgiani hanno reagito scendendo in piazza quasi quotidianamente ad aprile e maggio. In questo ripetersi della storia, il governo non si è lasciato influenzare e, tra repressione delle proteste, minacce e attacchi ai dissidenti, ha portato a casa la legge il 28 maggio, superando anche il veto della presidente della Repubblica, Salome Zourabichvili (in Georgia il capo di Stato ha un ruolo simile a quello del suo corrispettivo italiano).
Nei mesi di avvicinamento alle elezioni di ottobre, poi, Sogno Georgiano ha proseguito con iniziative che hanno dato conferma di una svolta autoritaria. Nel corso dell’estate ha promesso, in caso di vittoria alle elezioni, di bandire i partiti di opposizione ritenuti, nella retorica del partito, responsabili della guerra russo-georgiana del 2008 e accusati di voler «aprire un secondo fronte con la Russia» sotto la guida di non meglio identificate «forze esterne». Si tratta di una narrazione che fa molta presa soprattutto sulla parte più anziana della popolazione, in cui è vivo il ricordo delle guerre vissute dalla Georgia negli anni Novanta.
Su iniziativa del governo, il parlamento ha anche approvato un pacchetto di leggi sulla «protezione dei valori della famiglia e dei minori» che prende di mira la comunità LGBTQIA+ in un paese dove l’omo/bi/transfobia è molto diffusa. Le elezioni del 26 ottobre hanno visto poi l’affermazione di Sogno Georgiano con il 54 per cento dei voti a fronte di un’affluenza del 59 per cento. Le quattro forze di opposizione si sono attestate ciascuna intorno al 10 per cento. Nonostante il partito vincitore fosse dato come primo nei sondaggi prima delle elezioni, fin da subito sono emerse accuse di brogli, segnalati da osservatori elettorali locali e internazionali, che hanno messo in discussione non tanto la vittoria, quanto il suo largo margine.
Come nel 2020 i partiti di opposizione non hanno riconosciuto i risultati delle elezioni rifiutandosi di prendere parte ai lavori del parlamento. Tuttavia non sono riusciti a mobilitare i cittadini nelle prime settimane dopo le elezioni. A farlo è stato ironicamente proprio Sogno Georgiano.
Il 28 novembre, infatti, alcune dichiarazioni del primo ministro Irakli Kobakhidze sul fatto che l’integrazione europea non rientra nei programmi della legislatura corrente (in scadenza a fine 2028) hanno indotto migliaia di persone a manifestare per chiedere nuove elezioni. Da allora le cose non sono cambiate. Ogni giorno gruppi più o meno grandi scendono in strada quotidianamente e i partiti di opposizione continuano a boicottare il parlamento.
Sogno Georgiano controlla il parlamento dove, non avendo una vera opposizione, agisce liberamente. A dicembre, alla scadenza del mandato di Zourabichvili, ha eletto il fedelissimo Mikheil Kavelashvili, come nuovo presidente della Repubblica, prendendo il controllo dell’unica istituzione dello Stato ancora indipendente. Ha anche fatto approvare una serie ulteriore di norme liberticide per scoraggiare le manifestazioni e una nuova legge sugli agenti stranieri che include conseguenze penali in caso di violazione (nelle versioni precedenti le pene erano solo amministrative). Infine, su iniziativa del partito di governo è stata istituita una commissione ministeriale per individuare «i responsabili della guerra del 2008» (di fatto, i rappresentanti dell’opposizione) e approvata una norma che renderà possibile alla Corte Costituzionale (sotto il saldo controllo di Sogno Georgiano) di bandire i partiti di opposizione.
I negoziati con l’Unione Europea sono congelati e i Paesi europei, con l’eccezione di Slovacchia e Ungheria non hanno riconosciuto i risultati delle elezioni. Il 12 febbraio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione chiedendo nuove elezioni, ma all’interno del Consiglio europeo non c’è appunto piena unanimità (visto il veto di Bratislava e Budapest) su come agire.
La Georgia sulla stampa italiana
L’inusuale copertura mediatica della Georgia negli ultimi mesi da parte della stampa italiana si spiega probabilmente con l’interesse per i Paesi nati dal crollo dell’Unione Sovietica causato dalla guerra in Ucraina, con la forza e la durata delle proteste, nonché con immagini singolari per il pubblico italiano: quelle di persone che fronteggiano idranti e cariche della polizia imbracciando bandiere europee.
A questo si aggiunge il quasi contemporaneo svolgersi lo scorso autunno delle elezioni presidenziali in Romania e Moldova, con annesso referendum costituzionale, che ha dato luogo a paragoni, spesso impropri, tra questi tre Paesi.
Per questi motivi vogliamo chiarire alcuni punti su cui non c’è molta chiarezza nel dibattito pubblico italiano.
Il partito “filorusso”
Partiamo dall’etichetta di “filorusso” che Sogno Georgiano ha ricevuto da quasi tutti i principali media italiani (tra i quali figurano il Corriere della Sera, La Stampa e RaiNews per citarne alcuni) con sempre maggiore frequenza a partire dalle proteste del 2023.
Al riguardo bisogna dire che non esistono legami assodati con la Russia e che il partito non ha mai perseguito una politica di piena apertura al Cremlino (Tbilisi e Mosca non intrattengono relazioni diplomatiche dal 2008 e le cose, salvo grosse sorprese, non cambieranno nel prossimo futuro). Inoltre, nonostante il 27 ottobre Zourabichvili abbia descritto le elezioni come «un’operazione speciale russa», non abbiamo prove del fatto che la Russia sia intervenuta massicciamente nella campagna elettorale o che abbia contribuito a organizzare i brogli alle elezioni di ottobre 2024 (di cui parleremo tra un po’). Vista l’impopolarità del vicino settentrionale, in Georgia presentare i propri avversari come forze filorusse è la tattica che storicamente i detrattori di Sogno Georgiano usano per screditare il partito.
Il fondamento di tali accuse si basa sul fatto che il fondatore di Sogno Georgiano Bidzina Ivanishvili, un miliardario con un patrimonio che corrisponde a circa un quarto del PIL del Paese, abbia fatto la sua fortuna proprio in Russia negli anni Novanta prima di rientrare in patria nel 2003. I soldi di Ivanishvili spiegano l’enorme forza del partito che l’imprenditore guida soprattutto da dietro le quinte.
Nei tredici anni in cui è stato al governo del Paese, Sogno Georgiano ha ufficialmente perseguito una politica di integrazione europea, raggiungendo anche risultati importanti con la firma dell’accordo di Associazione con l’Unione Europea nel 2014, la conseguente entrata in vigore dell’accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA) nel 2016 e l’ottenimento del già menzionato status di Paese candidato. Un passaggio importante è stata anche la norma che dal 2017 esenta i cittadini georgiani dal richiedere un visto per soggiorni turistici nell’area Schengen entro i novanta giorni. Ufficialmente la politica del partito è ancora quella di mirare all’ingresso della Georgia nell’Unione Europea entro il 2030.
Al contempo è indubbia la deriva autoritaria degli ultimi anni. In particolare chiaro è l’intento delle cosiddette leggi sugli agenti stranieri: ostacolare il lavoro di organizzazioni non governative e media che, vista la difficile situazione economica della Georgia, sono costrette a ricevere fondi dall’estero per mantenere la propria indipendenza dal governo. Evidente anche l’uso di narrazioni simili a quella di Mosca (ma anche a quelle di Donald Trump), dall’insistenza sulla difesa dei valori tradizionali, alla retorica anti-occidentale. Infine pochi i dubbi che Sogno Georgiano sia gradito a Mosca, diverse dichiarazioni post elettorali di giornalisti e ufficiali russi hanno mostrato che l’allontanamento tra Tbilisi e Bruxelles sia estremamente gradito dal Cremlino.
L’accusa di brogli e il ruolo degli osservatori elettorali e della magistratura
Il secondo punto riguarda i brogli elettorali e il ruolo degli osservatori internazionali. Diversi giornali italiani, come il Fatto Quotidiano in questo articolo del 14 dicembre, hanno scritto che l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) abbia ritenuto le elezioni valide al termine della missione di osservazione elettorale internazionale.
Il fraintendimento nasce da un comunicato stampa dell’Osce del 27 ottobre in cui i rappresentanti dell’organizzazione dichiarano che, dal punto di vista logistico, le elezioni sono state ben organizzate. Tuttavia, nello stesso comunicato si legge di diverse e gravi problematicità: «Le elezioni parlamentari sono state offuscate da una polarizzazione radicata e da preoccupazioni riguardanti la recente legislazione adottata e il suo impatto sulle libertà fondamentali e sulla società civile, nonché da una retorica di campagna altamente divisiva e da diffuse segnalazioni di pressioni sugli elettori».
Inoltre, l’affermazione che l’Osce abbia ritenuto le elezioni valide contiene un fraintendimento circa il mandato dell’organizzazione. Come evidenziato nel comunicato stampa dell’organizzazione del 20 dicembre 2024 in cui si annuncia la pubblicazione del rapporto finale della missione di osservazione: «ODIHR [l’istituzione dell’Osce che si occupa di monitoraggio elettorale, nda] non riconosce né approva le elezioni. Al contrario, ODIHR fornisce una valutazione completa e imparziale del processo elettorale basata su principi universali, obblighi internazionali e sugli impegni assunti da tutti gli Stati dell’Osce a svolgere elezioni democratiche. Questo consente agli elettori di formare un proprio giudizio sulla qualità delle elezioni».
Proprio nel rapporto finale sono descritte alcune delle problematiche legate al voto. Prima delle elezioni Sogno Georgiano ha usato l’apparato statale per spingere a votare, in particolare i dipendenti pubblici (pagina 3 del rapporto). Tantissime persone poi sono state contattate telefonicamente con inviti a votare Sogno Georgiano, telefonate che contenevano minacce più o meno velate. Nelle aree rurali, infine, esponenti del partito e delle forze di sicurezza sono andati casa per casa nel tentativo di intimorire gli elettori. Questo tipo di pressione nella giornata di voto è stata esercitata anche ai seggi con le onnipresenti telecamere installate dal partito di governo (pagina 30 del rapporto Osce).
Nella giornata del voto sono emerse una serie di irregolarità, con un’inchiesta del canale di opposizione TV Pirveli che ha evidenziato l’esistenza di una rete sistematica di compravendita di voti, in particolare nelle regioni abitate dalle minoranze armena e azera, tra le più povere del Paese. Infine, secondo il rapporto Osce (pagina 4): «In numerosi casi, pari al 24 per cento delle osservazioni, la segretezza del voto è stata potenzialmente compromessa a causa delle modalità di inserimento delle schede nelle urne, dell’inadeguatezza della disposizione dei seggi elettorali e della presenza di segni visibili sul retro delle schede».
È difficile, forse impossibile, dire quanto di quel 54 per cento di preferenze sia stato ottenuto da Sogno Georgiano grazie ai brogli. Gli istituti di ricerca statistica Edison Research e HarrisX hanno parlato di «discrepanze inspiegabili» (si menzionano percentuali che vanno dall’8 per cento al 13 per cento), tra le preferenze ottenute dal partito e quelle previste dagli exit poll.
Un altro malinteso presente sulla stampa italiana (ad esempio in questo articolo di InsideOver del 29 novembre) riguarda la magistratura. Certamente è vero, come hanno scritto diversi giornali, che la magistratura georgiana ha validato i risultati del voto respingendo i ricorsi. Tuttavia questa osservazione non tiene conto dello stato della magistratura del Paese, incapace storicamente di emettere sentenze indipendenti dall’esecutivo. Proprio la necessità di garantire l’indipendenza del potere giudiziario era anche tra i dodici punti segnalati dalla Commissione Europea per portare avanti la procedura di integrazione della Georgia.
I paragoni con Moldova e Romania
L’ultimo punto su cui è nata una certa confusione è il paragone con le già menzionate Moldova e Romania in virtù della contemporaneità delle tornate elettorali nei tre Paesi (esemplare, in tal senso, questo articolo pubblicato il 14 dicembre 2024 su Linkiesta). Ci sono però differenze tra questi esempi che è bene sottolineare.
Le prime distinzioni sono di tipo tecnico. La Romania, al contrario di Georgia e Moldova, è già da tempo un membro di Unione Europea e Nato. Inoltre, il referendum per cui si votava in Moldova, l’inserimento delle aspirazioni europee nella Costituzione, sono già una realtà in Georgia dal 2018 (articolo 78).
Le seconde distinzioni riguardano i contesti dei tre Paesi e la natura dell’influenza russa sulle elezioni. In Romania e Moldova l’influenza russa è stata diretta e provata. Nel primo caso sulla campagna elettorale, nel secondo caso sia nella campagna elettorale che nel processo in sé. Come abbiamo visto in Georgia non ci sono prove che i brogli siano stati organizzati o finanziati da Mosca. Inoltre nel Paese del Caucaso Meridionale le forze apertamente filorusse esistono, ma hanno un ruolo estremamente marginale.
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