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L’influencer complottista spagnolo che a sorpresa è riuscito a entrare nell’Europarlamento

Alvise Pérez del neonato partito Se Acabó La Fiesta ha raggiunto il 4,6 per cento dei voti, riuscendo a eleggere tre eurodeputati

11 giugno 2024
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Di Jacopo Di Miceli

Come ha fatto a ottenere 800mila voti e a entrare nel Parlamento europeo un movimento che ha come simbolo uno scoiattolo mascherato da Guy Fawkes, come il protagonista della graphic novel V per Vendetta, che non ha mai fatto una sola apparizione televisiva e che quasi metà degli elettori spagnoli non conosceva? 

È la domanda che, il giorno dopo le elezioni, tormenta le redazioni giornalistiche spagnole di fronte all’exploit (il 4,6 per cento, come la sinistra di Sumar) di Se Acabó La Fiesta (Salf, “La festa è finita”), la formazione guidata dall’influencer 34enne Alvise (Luis, all’anagrafe) Pérez.

Fondata poco più di un mese prima delle consultazioni, Salf porterà nelle istituzioni europee una delegazione di tre deputati. Quasi nessuno però conosce le opinioni di Diego Soler e Nora Junco, che accompagneranno Pérez, e non solo perché non è mai stato presentato un programma ufficiale. Pérez ha compilato le liste elettorali attingendo dal suo nutrito seguito online – oltre 500mila iscritti su Telegram e più di 900mila su Instagram – e si è limitato a stilare una striminzita lista di pochi punti: lotta anti-corruzione; riduzione della partitocrazia, eventuale uscita della Spagna dall’Unione europea in caso di fallimento delle rinegoziazioni delle condizioni di adesione all’UE, tutela della libertà di espressione, protezione dei bambini contro la pedofilia e ridimensionamento dello Stato. 

Ha anche promesso di regalare il suo stipendio di europarlamentare in una lotteria mensile fra i suoi follower e ha garantito che non vivrà a Bruxelles, capitale di un «Paese fallito» dove ci sarebbero «solo islamisti, insicurezza e stupri». Si tratta, insomma, di un pastone populista ultralibertario e ultraliberista ispirato ai leader sudamericani Najib Bukele, in El Salvador, e Javier Milei, in Argentina, tanto da venir considerato, nello spettro politico spagnolo, alla destra del partito di estrema destra Vox (alleato con Giorgia Meloni).

Eppure Pérez aveva mosso i suoi primi passi nel campo del centro liberale. Dopo un apprendistato di militanza politica nel Regno Unito nella campagna dei liberal democratici, nel 2017 era entrato nel partito spagnolo Ciudadanos, fino a essere scelto come capo di gabinetto di un parlamentare regionale a Valencia. Poi nel 2019 le dimissioni, l’avvicinamento alla destra radicale di Vox, in particolare sulle questioni dell’immigrazione e dei diritti di genere, e all’organizzazione ultracattolica Hazte Oír in materia di aborto. 

Infine, durante la pandemia è arrivato il grande salto nella notorietà, con la diffusione, tramite i suoi canali social, di teorie del complotto infondate sui vaccini contro la Covid-19 e l’invito ai suoi seguaci – gli “scoiattoli” – a passargli informazioni riservate su politici e giornalisti corrotti. Una pratica che gli è costata diverse denunce per diffamazione, da cui ora potrebbe schermarsi grazie all’immunità parlamentare

Pérez ha infatti ancora una causa giudiziaria a carico, dopo quella chiusa con un risarcimento di 5mila all’ex sindaca di Madrid, Manuela Carmena – accusata durante l’emergenza Covid di possedere illecitamente in casa un respiratore ospedaliero – e quella persa e costata 10mila euro contro giornalista e fondatrice del sito di fact-checking Newtral Ana Pastor, di cui Pérez aveva diffuso foto personali. Un’altra querela di Pastor, questa volta per diffamazione, si è chiusa nel febbraio 2024 con l’assoluzione di Pérez. Quella ancora in corso riguarda l’ex ministro dei trasporti José Luis Ábalos, di cui Pérez aveva messo in dubbio la veridicità di un test Covid.

Per gli analisti spagnoli, spicca l’analogia con la fugace avventura politica di José María Ruiz Mateos, l’uomo d’affari che subì un esproprio dal governo socialista e che, nel 1989, per sfuggire alla giustizia, si candidò all’europarlamento travestito da Superman.

L’uso spregiudicato di bufale e teorie del complotto è la caratteristica distintiva di Pérez. Nei suoi comizi elettorali, che assomigliano più al raduno di un tiktoker con i suoi fan che a un appuntamento politico, come ha osservato il sociologo Iago Moreno, Pérez ha ammonito dal rischio che le schede con il simbolo di Se Acabó La Fiesta sparissero dai seggi e, per evitare questo «sabotaggio elettorale», ha invitato a non votare per corrispondenza, ma a recarsi di persona alle urne. Con una retorica che fa l’occhiolino alla teoria del complotto di QAnon, Pérez parla spesso di Deep State, per alludere alle élite corrotte nella burocrazia dello Stato che impedirebbero la modernizzazione della Spagna. Anche i riferimenti insistenti alla pedofilia assomigliano molto a un dog-whistle al mondo del complottismo trumpiano. 

Pérez ha poi accusato i servizi segreti spagnoli di aver occultato la verità sugli attentati jihadisti dell’11 marzo 2004 alla stazione Atocha di Madrid, che, secondo lui, sarebbero stati pianificati dall’intelligence francese e condotti sul campo da spie del Marocco. Sulla scia di Vox diffonde infine teorie del complotto sull’Agenda 2030, la road map dell’ONU per una crescita sostenibile, e sull’immigrazione, distorcendo episodi di cronaca accaduti all’estero.

«La Spagna è diventata la pacchia di criminali, corrotti, mercenari, pedofili e stupratori», ha detto Pérez nel suo discorso di festeggiamento del risultato elettorale. E ha poi avvisato il premier socialista Sanchez: «Pedro, faresti meglio a nasconderti in un baule perché ti metteremo in prigione». Il suo più grande impegno elettorale è infatti quello di costruire, alla periferia della capitale, senza preoccuparsi di garantire i diritti umani, un carcere da 40mila posti, il più grande in Europa, in cui rinchiudere corrotti, criminali e chiunque abbia un tatuaggio riconducibile a una banda o sia parente di criminali.

Secondo il politologo Fernández Vázquez, Se Acabó La Fiesta pesca meno consensi fra gli elettori di Vox e più fra chi non andava alle urne da molto tempo. Non è tanto un voto associato al reddito, anche se ottiene i risultati migliori nei collegi a più alto tasso di disoccupazione, quanto all’età (tocca il 9,8 per cento tra chi ha fra i 18 e i 24 anni) e al sentimento anti-sistema. Nonostante sia un movimento personalistico non è un fenomeno da sottovalutare, soprattutto perché – grazie alla visibilità da europarlamentare – Pérez potrà ora godere anche dei benefici degli inviti televisivi, andando oltre la cerchia dei social.

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