
La Romania torna al voto tra proteste e disinformazione
Con l’appuntamento elettorale del 4 maggio, la macchina della disinformazione non sembra essersi arrestata
Verso la fine di novembre 2024, il candidato di estrema destra del partito Alleanza per l’Unità dei Romeni (AUR) Călin Georgescu ha ottenuto la maggioranza relativa al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania con il 22,94 per cento dei voti, superando la candidata liberale Elena Lasconi (19,18 per cento) dell’Unione Salvate la Romania (USR).
Il ballottaggio previsto per l’8 dicembre successivo, però, non si è mai tenuto. Due giorni prima del secondo turno, infatti, la Corte costituzionale ha annullato il voto, adducendo una «azione ibrida russa» a sostegno di Georgescu. I giudici della Corte hanno denunciato inadempienze nei finanziamenti della sua campagna elettorale, menzionando «numerose irregolarità e violazioni della legislazione elettorale che hanno distorto la natura libera ed equa del voto espresso dai cittadini e hanno minato le pari opportunità dei concorrenti elettorali».
Le elezioni sono state quindi rinviate al 4 maggio 2025, con un eventuale secondo turno previsto il 18 maggio. Georgescu ha presentato immediatamente ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo chiedendo il ripristino del risultato del primo turno, ma nel gennaio successivo la Corte ha respinto la sua istanza.
Ora, con l’appuntamento elettorale ormai alle porte, la macchina della disinformazione non sembra essersi arrestata. Al contrario, le teorie del complotto sul divieto di candidatura di Călin Georgescu continuano a infiammare una feroce battaglia narrativa.
La crisi politica rumena
La situazione politica nazionale è rapidamente peggiorata dopo la fine del mandato del presidente uscente Klaus Iohannis (PNL), avvenuta il 21 dicembre. In seguito all’annullamento delle elezioni, Iohannis è rimasto in carica ad interim, nominando un governo filoeuropeo – la nomina del nuovo governo risponde alla necessità di garantire continuità amministrativa in fasi di instabilità politica – guidato da Marcel Ciolacu.
La decisione ha provocato non poche proteste, rinvigorite dal sospetto che l’establishment stesse attivamente ostacolando Georgescu, considerato filorusso e antioccidentale. Dopo due mozioni di sfiducia fallite, una terza votazione ha costretto Iohannis a dimettersi. Al suo posto, il 12 febbraio 2025, è subentrato ad interim il presidente del Senato, Ilie Bolojan.
Solo un paio di settimane più tardi, il 26 febbraio, Georgescu è stato fermato dalla polizia con l’accusa di incitamento al rovesciamento dell’ordine costituzionale e diffusione di notizie false. Dopo diverse ore di interrogatorio, è stato rilasciato con l’obbligo di non lasciare il Paese. Trascorsi pochi giorni, a inizio marzo, la polizia ha arrestato sei persone, tra cui l’ex generale Radu Theodoru, un negazionista dell’Olocausto di 101 anni, con l’accusa di pianificare un colpo di Stato con il sostegno della Russia. Due diplomatici russi sono stati espulsi dal Paese.
Nonostante le accuse della Corte costituzionale, Georgescu ha tentato di candidarsi nuovamente alle elezioni di maggio, ma il 9 marzo il comitato elettorale ha bloccato la sua candidatura, giudicando irregolari i documenti sui finanziamenti. La decisione ha scatenato violente proteste a Bucarest, con scontri tra sostenitori e polizia, feriti e lancio di lacrimogeni. Georgescu ha presentato ancora una volta ricorso, ma la Corte costituzionale ha confermato la sua esclusione definitiva dalla competizione elettorale.
La Romania si avvia quindi verso le elezioni di maggio in un forte clima di tensione, con le questioni legate alla sicurezza nazionale e alle interferenze esterne che rimangono aperte.
La manipolazione russa nelle elezioni rumene
Contestualmente alle indagini della Corte costituzionale sulle presunte ingerenze russe a sostegno di Georgescu, l’attenzione si è spostata anche sul ruolo delle piattaforme social nella diffusione di disinformazione.
L’accusa si è basata fin da subito su documenti di intelligence che hanno messo in luce una vera e propria campagna online di matrice russa, veicolata principalmente attraverso TikTok e fondata su notizie false a sostegno di Georgescu. Subito dopo l’annullamento delle elezioni, la Commissione europea ha avviato un’indagine su TikTok per accertare se la piattaforma social cinese avesse violato le normative digitali dell’Ue, in particolare riguardo alla potenziale mancanza di misure adeguate per gestire i rischi che potevano compromettere le elezioni presidenziali in Romania.
«A seguito di gravi indizi di interferenze da parte di attori stranieri nelle elezioni presidenziali rumene tramite l’uso di TikTok, stiamo ora indagando a fondo se TikTok abbia violato il Digital Services Act non affrontando adeguatamente tali rischi», ha dichiarato in quell’occasione la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in un comunicato stampa, aggiungendo che «deve essere assolutamente chiaro che nell’UE tutte le piattaforme online, inclusa TikTok, devono essere ritenute responsabili».
La documentazione posta a fondamento dell’inchiesta della Corte costituzionale rumena indicava una «campagna promozionale aggressiva» finalizzata all’incremento della popolarità di Georgescu, quantificata in pagamenti complessivi pari a 381 mila dollari corrisposti a influencer di TikTok per attività di promozione sulla piattaforma.
Da parte sua, TikTok ha comunicato di aver identificato e neutralizzato a dicembre reti di influenza occulte dirette verso utenti rumeni, con la rimozione di oltre 27 mila profili che nei mesi precedenti avevano diffuso commenti tramite un sistema di interazioni artificiali, promuovendo il partito Alleanza per l’Unità dei Romeni e il suo ex candidato Georgescu.
L’azienda ha inoltre eliminato 59 account falsi che simulavano l’identità di vari candidati presidenziali, aggiungendo di aver implementato misure a tutela dell’integrità del processo elettorale in Romania, tra cui il potenziamento del team di moderatori di lingua rumena, una collaborazione con un’agenzia locale di fact-checking e l’integrazione di strumenti sull’applicazione, come un Centro Elettorale (Election Center) che offriva informazioni chiave sulle elezioni, tra cui le date importanti e link al sito web dell’autorità elettorale. Inoltre, TikTok ha implementato un avviso per i video brevi (short video notice tag) relativo a contenuti elettorali e ha promosso iniziative di alfabetizzazione mediatica per aiutare gli utenti a valutare criticamente le informazioni online e a riconoscere la disinformazione.
Fenomeni di disinformazione, però, sono stati rilevati anche su altre piattaforme, come Telegram, Facebook e YouTube, sebbene con una diffusione inferiore.
Secondo un’analisi dell’ONG rumena Funky Citizens, questa campagna di disinformazione sfrutta temi emotivi, come accuse di tradimento, ingiustizie o minacce esistenziali, per indebolire la fiducia nelle istituzioni democratiche e diffondere una narrativa politica alternativa. Nel report diffuso ad aprile, che analizza il periodo che va dal 20 novembre al 10 dicembre 2024, l’organizzazione ha documentato un vasto ecosistema di disinformazione che ritraeva Georgescu come legittimo presidente della Romania.
Tra le narrazioni circolanti figurano teorie sull’annullamento delle elezioni come colpo di stato orchestrato dall’Unione europea, élite mondiali e servizi segreti – con la Romania descritta come un Paese sotto controllo europeo o occidentale. Altre includono avvertimenti su un conflitto imminente con la Russia o previsioni di coscrizione e legge marziale.


Stando all’analisi di Elena Calistru, responsabile di Funky Citizens, molti rumeni attualmente ritengono che le autorità non abbiano fornito spiegazioni esaurienti sui motivi dell’annullamento delle elezioni di novembre. La mancanza di chiarezza da parte delle istituzioni può creare un terreno fertile per la proliferazione di teorie cospirative e narrazioni infondate.
Il servizio diplomatico dell’Ue ha classificato l’ingerenza straniera (non solo in Romania), inclusa la disinformazione, quale minaccia crescente per la sicurezza e la politica estera. A sostegno di tale valutazione, Cyabra, piattaforma di analisi specializzata nel rilevamento di manipolazione digitale, ha esaminato il dibattito relativo alle proteste pro-Georgescu su X in Romania nel periodo compreso tra il 6 marzo e il 6 aprile del 2025. L’analisi ha accertato che, su 639 account attivi nella discussione, il 45 per cento risultava inautentico, a fronte della normale media del 7-10 per cento. La piattaforma ha concluso che la presenza di un numero così elevato di account fittizi ha inevitabilmente alterato la percezione del sostegno sociale, creando un falso consenso sulla reale portata delle proteste.
In vista delle prossime elezioni, anche le autorità rumene hanno aumentato i controlli sulla disinformazione a tema elettorale. Durante una sola settimana di aprile, l’Ufficio elettorale centrale ha disposto la rimozione di 609 contenuti pubblicitari politici illeciti dalle principali piattaforme online, diffusi prevalentemente da figure politiche candidate o in carica. Nello stesso periodo, sono state emesse 175 decisioni di accoglimento dei reclami concernenti materiale pubblicitario politico illegale, 41 delle quali relative a contenuti illeciti diffusi online da soggetti attivi politicamente ma privi di cariche elettive o pubbliche.
L’attuale situazione presenta una profonda instabilità. Con le elezioni imminenti, la Romania si trova a gestire una grave crisi di fiducia istituzionale, aggravata da sospetti di ingerenze esterne. Le analisi indicano che le contromisure adottate da Bucarest e Bruxelles contro la disinformazione non hanno ancora neutralizzato il rischio rappresentato dalle campagne manipolatorie e dalle critiche alla trasparenza elettorale. Inoltre, l’esclusione di Georgescu si traduce in una variabile di incertezza considerevole, il cui impatto sui risultati finali rimane da valutare. Al suo posto, George Simion, leader dell’estrema destra rumena, si presenta per sfidare Crin Antonescu, il candidato dell’attuale coalizione di governo, e Nicușor Dan, sindaco di Bucarest, che ha sostituito Elena Lasconi dopo che quest’ultima è stata estromessa dalla dirigenza dell’USR di centro-destra.
A pochi giorni dalle elezioni presidenziali in Romania, un recente sondaggio di MKOR, agenzia di ricerca romena, condotto tra il 24 e il 27 aprile, mostra una competizione serrata e dall’esito incerto. George Simion si conferma in testa al primo turno, ma circa il 40 per cento degli elettori rumeni risulta ancora indeciso, e si prevede un calo dell’affluenza. Con i risultati del primo turno così incerti e sullo sfondo di una crisi di fiducia nelle istituzioni, la capacità degli elettori di prendere decisioni informate dipenderà in modo particolare dalla loro resilienza alla disinformazione e dalla trasparenza del processo elettorale.
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