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Viaggio nella womanosphere, tra le influencer antifemministe che bramano una società patriarcale

Negli ultimi anni stanno spopolando in Rete contenuti contrari all’emancipazione della società contemporanea girati da donne per un pubblico femminile

21 maggio 2025
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Le nuove generazioni stanno vivendo un grande divario di genere, soprattutto a livello politico: come rilevato da molte analisi, le ragazze tendono a definirsi maggiormente progressiste, mentre i ragazzi conservatori. 

Negli ultimi anni, infatti, è cresciuta e si è sempre più popolata la cosiddetta manosphere, quello spazio digitale in cui molti uomini condividono visioni antifemministe, convincendosi del fatto che la società li discrimini e che il femminismo non avrebbe fatto altro che aumentare l’odio verso il genere maschile.

Dall’altro canto si sta facendo strada quella che il quotidiano britannico The Guardian ha definito womanosphere. Meno nota al grande pubblico, ha però le stesse finalità della manosphere: la produzione di contenuti di stampo conservatore e critici verso l’emancipazione della società contemporanea, girati però da donne e indirizzati a un pubblico statunitense prevalentemente femminile. All’interno della womanosphere, al momento rintracciabile soprattutto negli Stati Uniti, si trovano influencer apertamente politiche, casalinghe sostenitrici della famiglia tradizionale, sostenitrici di una dieta sana per combattere l’obesità – molto critiche nei confronti di chi prova a ragionare sull’accettazione della non conformità dei corpi – e semplici ragazze che indossano magliette con scritte apparentemente innocue come “Too pretty to work” (“troppo carina per lavorare”).

Tutte queste persone sono accomunate dall’idea che il femminismo abbia peggiorato la società: la liberazione sessuale, unita all’indipendenza economica e alla carriera lavorativa, avrebbe distolto le donne dalla procreazione, concepita come la principale missione femminile nella società. La visione di queste donne si pone come ideale antitesi a un presunto tipo di femminismo incarnato dallo stereotipo della “girlboss”, per cui lo scopo principale della vita di una donna sarebbe quello di rompere il cosiddetto “soffitto di cristallo”, ponendo quindi la carriera come unico indicatore di felicità nella vita. Una visione caricaturale del femminismo della quarta ondata, presentato come portatore di istanze rigettate dalle nuove generazioni, sempre più sole e precarie economicamente: anche grazie a questo espediente, l’idea di un ritorno a un passato idealizzato in cui le ragazze potevano – e dovevano – dedicarsi alla cura della casa e alla crescita dei figli, riesce a fare breccia su sempre più persone. 

Inoltre, come ha scritto sempre il Guardian, nonostante queste persone si presentino come pensatrici indipendenti, la loro ideologia ricalca le lotte dell’amministrazione Trump per cancellare i diritti riproduttivi e far avanzare un pensiero anti-scientifico. Idee che vengono rese appetibili a un pubblico femminile ampio, e che si ritrovano negli esatti valori del Partito Repubblicano statunitense.

Le “trad-wife”

Il principale modello di donna conservatrice idolatrata dalla womanosphere è la cosiddettatrad-wife”: una moglie che rifiuta i ruoli di genere moderni per abbracciare un’esistenza tradizionale, di angelo del focolare. I ruoli di genere in una famiglia di questo tipo sono netti: l’uomo è il capofamiglia che lavora tutto il giorno e pensa al sostentamento della famiglia (il cosiddetto breadwinner), mentre la donna si occupa di tutto ciò che ha a che fare con l’ecosistema della casa. 

Nei contenuti social pubblicati dalle trad wives della womanosphere si evidenzia, ad esempio, l’importanza di far trovare sempre un pasto caldo al marito, preferibilmente preparati in casa, di essere vestite sempre in ordine e truccate così da essere pronte per uscire in caso l’uomo lo decida.

Stando a questa idea, una donna che conduce una vita del genere sarebbe pienamente realizzata e avrebbe raggiunto la sua massima aspirazione; al contrario, le donne con aspirazioni lavorative e una carriera, che vengono qualificate negativamente come “zitelle gattare senza figli”, non potranno mai essere veramente soddisfatte. È proprio in questo modo, tra l’altro, che il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, un acceso sostenitore della famiglia tradizionale, ha etichettato l’allora vicepresidente Kamala Harris, avversaria di Donald Trump alla presidenza. Una visione che sembra riflettersi anche nelle sue dinamiche familiari: sua moglie Usha, infatti, ha lasciato il lavoro in uno studio legale non appena il marito è stato candidato alla vicepresidenza. Una scelta in controtendenza rispetto a Jill Biden, ad esempio, la moglie dell’ex presidente, che aveva chiesto e ottenuto di poter continuare a svolgere la sua professione di insegnante compatibilmente con gli incarichi da first lady.

Le prime trad wives sono comparse su Internet nel 2020, e rispetto a oggi avevano una differenza di fondo: i loro contenuti non erano politici, o per lo meno non apertamente, e la loro scelta di vita si rifaceva più ai valori cristiani che a una scelta di campo conservatrice. 

Alena Kane Pettitt, una delle prime trad wives dei social, ha affermato che nel matrimonio ci deve sempre essere uguaglianza nella coppia, ma il ruolo del maschio è comunque quello di comandare. Nonostante questo ha sempre affermato di non avere intenzioni politiche e di non tollerare la cultura del suprematismo bianco. Altre trad wives, invece, sono più  schierate politicamente, come Abby Roth, sorella del commentatore conservatore Ben Shapiro, che ha intitolato uno dei suoi video più visualizzati, con – al momento in cui scriviamo – quasi un milione di visualizzazioni, Conservative women: it’s our time.

Un’altra trad wife famosa è Hannah Neeleman, mormona e madre di otto figli, il cui stile di vita contadino è raccontato in un account Instagram, @ballerinafarm, che ha 10 milioni di follower: nei suoi video si può vederla cucinare, allenarsi, prendersi cura dei figli, ma anche svolgere lavori legati alla fattoria, come mungere le mucche o coltivare l’orto. Uno dei molteplici problemi di queste figure è che persone come Neeleman, vere e proprie influencer, sono pagate dalle piattaforme come qualunque altra persona che monetizza coi propri contenuti. La differenza, però, è che nel farlo veicolano uno stile di vita in cui le donne non svolgono occupazioni al di fuori di quelle domestiche, condannando chi decide di seguirne le orme a non avere nessuna forma di indipendenza economica. 

Inoltre, il passato idealizzato di queste persone risponde generalmente a un’estetica degli anni ’50, un periodo in cui molte famiglie erano nucleari e monoreddito. Il motivo per cui al tempo si costituirono famiglie di questo tipo, però, va ricercato anche nella volontà della società dei tempi di far uscire le donne dal mondo del lavoro, dopo che durante la seconda guerra mondiale erano state costrette a entrarvi come forza lavoro “di riserva”, in sostituzione degli uomini impegnati in guerra. Sussidi governativi per le coppie contribuirono a rendere economicamente conveniente questo modello, che si affermò negli anni del dopoguerra. Questo ragionamento è riconducibile, però, soltanto alle persone bianche: le famiglie appartenenti a minoranze etniche in larga misura non potevano permettersi il lusso di vivere con un singolo reddito, e quindi lavorava non solo il marito, ma anche la moglie. 

Quella delle trad wives di oggi è un’uscita dalla società moderna che richiama un passato mitizzato riguardante in larga misura un mondo bianco. Non è un caso che alcune di queste sostengano attivamente la teoria di estrema destra della “grande sostituzione”, secondo la quale nei Paesi occidentali le persone bianche starebbero venendo sostituite da persone migranti, dell’Africa, motivo per cui cercano di fare più figli possibile. 

In un articolo pubblicato sul Guardian, poi, la giornalista Carter Sherman ha evidenziato che dopo aver guardato molti video di una trad-wife di nome Estee Williams, sono apparse pubblicità sponsorizzate dello studio legale cristiano Alliance Defending Freedom, centrale nelle cause che hanno portato al rovesciamento di Roe v. Wade e alla fine del diritto federale all’aborto negli Stati Uniti.

L’unione con il movimento “Make America Healthy Again”

Le nuove conservatrici della womanosphere, oltre a far parte di una famiglia tradizionale, devono essere in salute, magre e fertili: questa visione negli anni si è sempre più saldata con il movimento Make America Healthy Again (MAHA), portato avanti dal neo segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., che adotta da anni posizioni no-vax e anti-scienza

Ci sono due tipi di donne che fanno parte di questo movimento: le cosiddette “crunchy moms”, che inseguono uno stile di vita più naturale, si oppongono ai cibi processati e vorrebbero scelte alimentari più salutari per i propri figli; e le persone che invece credono nella “libertà medica”, un termine ombrello per definire la loro sfiducia nei vaccini. Questo secondo gruppo è più politicizzato, formato da donne conservatrici e religiose che ritengono il governo statunitense stia prendendo d’assalto le loro libertà: tra queste, ritengono sia un’ingiustizia che i loro figli, non essendo vaccinati, non possano frequentare l’ambiente scolastico. 

Le donne MAHA non vedono di buon occhio il Partito Democratico statunitense perché, nella battaglia femminista per l’accettazione dei corpi non conformi, non ha combattuto abbastanza per uno stile di vita salutare. Queste donne, poi, credono ai grandi complotti delle multinazionali, ritengono i medici al soldo delle case farmaceutiche e i nutrizionisti pagati da Big Food, che impedirebbe agli americani di migliorare la propria forma.

La principale esponente delle donne MAHA è Alex Clark, un’influencer del gruppo pro-Trump Turning Point USA e autrice del podcast “Culture Apothecary”. Ascoltandolo, si trovano riferimenti palesi ai valori conservatori, ma senza messaggi apertamente politici, così da raggiungere più persone possibili. Nelle puntate Clark ha parlato della grande importanza del matrimonio, esclusivamente tra persone eterosessuali, o del fatto che il movimento femminista avrebbe fatto più male che bene alle donne. Il suo passaggio al movimento salutista è avvenuto durante la pandemia, quando si è rifiutata di fare il vaccino contro la Covid per via della sua obbligatorietà.

Queste visioni conservatrici della femminilità non si trovano soltanto sui social media o nei podcast: a febbraio 2019, Gabriel e Brittany Hugoboom, marito e moglie, hanno fondato un magazine femminile di stampo conservatore, Evie. Intervistati dal New York Times, hanno parlato del fatto che il femminismo per come viene concepito oggi sarebbe un «movimento di odio anti-maschile». All’interno della pubblicazione si trovano molti riferimenti alla cultura pop, ma anche posizioni contrarie all’aborto, articoli su come la maternità sia sotto attacco o su come sia importante essere una mamma in salute, con titoli come “Perché adoro essere una mamma hot”, o rimandi a una presunta tristezza delle donne single, come in “La verità delle donne che dicono di non aver bisogno di un uomo”. L’obiettivo di questo magazine sarebbe quello di dare una voce alla cultura femminile di destra, dato che, secondo i fondatori, i giornali con lo stesso target, come The Cut o Jezebel, sarebbero tutti orientati al progressismo.

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