
YouTube ha un problema con le pubblicità pornografiche
Sempre più utenti stanno segnalando la presenza di annunci pornografici piuttosto espliciti e che spesso violano le policy della piattaforma
Durante la fruizione di un video su YouTube, capita spesso di imbattersi in pubblicità che non hanno molto a che vedere con il contenuto del video. Magari l’inizio di un tutorial di cucina è preceduto da un banner di trading online, mentre la visione di un cartone animato viene interrotta da una pubblicità di scommesse sportive. Questa dissonanza tra contenuto del video e annunci pubblicitari a pagamento (ads) è abbastanza frequente, e di per sé non rappresenta nulla di strano. Tuttavia negli ultimi anni, e soprattutto nel 2025, sono sempre di più le segnalazioni di utenti online che riportano la presenza di ads di YouTube in aperta violazione delle policy di Google, l’azienda proprietaria di YouTube. In particolare, sulla piattaforma è sempre più frequente imbattersi in annunci pornografici piuttosto espliciti e dalla provenienza incerta. Ma dove nasce il problema? E chi sono gli inserzionisti che diffondono questi annunci?
Le policy sugli ads di Google e YouTube
Per capire la diffusione degli ads pornografici su YouTube c’è prima bisogno di una breve digressione sul funzionamento della pubblicità sulla piattaforma. Come si diceva, trovare pubblicità dissonanti rispetto al contenuto del video in riproduzione non è qualcosa di strano. Il motivo è che Google gestisce gli ads da associare ai video sulla base di diversi indicatori; la coerenza con il contenuto del video è solo uno di questi.
In generale, i sistemi automatizzati di Google valutano anche le informazioni sul tuo account Google, come l’età, il genere e la localizzazione (nel senso di provenienza geografica); il tipo di pagine web che di solito frequenti; l’utilizzo che fai – se lo fai – di app e siti web che appartengono ad aziende inserzioniste; e altri fattori ancora.
Per YouTube i fattori sono grossomodo gli stessi, essendo parte di Google. Questi fattori vengono poi utilizzati dagli inserzionisti quando devono impostare il target per i loro annunci pubblicitari: se devo promuovere un sito online di scommesse sportive è probabile che avrò come target gli utenti over 18 interessati allo sport, ad esempio.
Quindi, gli ads che spuntano durante la riproduzione di un video su YouTube non sono casuali, ma sono il risultato di un sistema di valutazione automatico che utilizza diversi “pesi”. Quelli che abbiamo elencato sono fattori su cui l’utente non ha molta influenza, o ce l’ha solo indirettamente. Molto più diretto è invece tutto quel sistema di feedback che Google mette a disposizione dell’utente per segnalare manualmente gli ads.
Gli utenti infatti possono segnalare l’annuncio a Google mentre lo stanno visionando, oppure possono farlo in un secondo momento descrivendo a Google ciò che hanno visto, anche tramite screenshot, in una pagina di feedback dedicata sul proprio profilo YouTube. Di solito gli utenti segnalano un annuncio quando è indesiderato (ad esempio perché ripetitivo) o quando potrebbe violare le policy di Google sugli annunci pubblicitari. Non tutti gli annunci degli inserzionisti infatti sono ammessi da Google, e le imprese che promuovono pubblicità sulle piattaforme dell’azienda informatica devono rispettare delle limitazioni.
Google ha redatto una lista delle sue policy. In generale, l’azienda vieta alcune categorie di contenuti (contraffatti, pericolosi, violenti), proibisce pratiche ingannevoli (come eludere i controlli o raccogliere dati senza consenso) e pone restrizioni a settori sensibili come finanza, politica, alcol e giochi d’azzardo. Tra gli annunci pubblicitari con restrizioni ci sono anche quelli con contenuto sessuale.
Questo significa che nelle policy di Google le pubblicità a contenuto sessuale non rientrano tra i contenuti vietati in senso assoluto, ma tra i contenuti con restrizioni. Se l’annuncio contiene materiale sessualmente esplicito – atti sessuali, nudità integrale, pornografia – allora è vietato e non può circolare; ma se invece si tratta, ad esempio, di prodotti e servizi per adulti, come sex toys o contraccettivi, l’annuncio può essere ammesso entro certi limiti. Ad esempio, questi annunci non devono mai usare immagini o testi espliciti, non possono essere rivolti ai minori, e la loro diffusione è ristretta a Paesi e contesti dove la legge lo consente. In altre parole, su YouTube può comparire un annuncio che promuove un prodotto per adulti, ma non devono esserci riferimenti diretti a nudità, atti sessuali o pornografia. Il discrimine è il carattere esplicito del contenuto sessuale.
La pubblicità pornografica segnalata dagli utenti
Eppure le segnalazioni che arrivano sempre più di frequente dagli utenti nei forum online e in altri spazi di aggregazione digitale riguardano proprio pubblicità che sembrano violare questa restrizione. Ad esempio, molti utenti riferiscono di annunci in cui compaiono giovani donne impegnate in pratiche di autoerotismo, sebbene l’inquadratura si limiterebbe a mostrare solo la parte superiore del corpo. In altri casi, gli annunci mostrano donne apparentemente coinvolte in rapporti sessuali, con le parti genitali volutamente sfocate o appena fuori campo, ma comunque chiaramente intuibili.
Quello che hanno in comune queste segnalazioni è che gli utenti concordano che si tratti di materiale pornografico, e tuttavia il contenuto esplicito della nudità o dell’atto sessuale rimane sempre tagliato fuori dall’inquadratura e lasciato intuire all’utente (anche tramite suoni). Questo stratagemma – rimuovere contenuti sessuali “visivi” espliciti – consentirebbe agli annunci pubblicitari pornografici di passare i controlli della piattaforma. Come mai?
Il motivo principale è che Google/YouTube affida un segmento maggioritario dei controlli di violazione degli annunci a sistemi automatizzati. Le pagine di info sull’advertising di Google lo spiegano molto bene. Alla domanda “Come fa Google a individuare le violazioni di policy?”, Google risponde spiegando di utilizzare «una combinazione di intelligenza artificiale» e di valutazioni umane. I contenuti che violano le norme, prosegue Google, «vengono bloccati dai nostri modelli automatici oppure, nei casi in cui sia necessaria una valutazione più sfumata, vengono segnalati per un’ulteriore revisione da parte di operatori e analisti qualificati».
Data l’ingente flusso di annunci da monitorare, Google demanda una prima fase di screening a sistemi di intelligenza artificiale, i cui giudizi sono modellati sul parere di agenti umani. Quando l’IA non riesce a dare una risposta netta – ad esempio perché serve valutare il contesto, l’ironia o differenze culturali e linguistiche – il sistema invia il caso ai revisori umani. Tuttavia, questo secondo giro di valutazione dipende sempre dall’esito del primo: se l’IA di Google non registra alcuna ambiguità da sciogliere, la revisione umana non può entrare in azione.
A quel punto l’annuncio viene considerato a norma, e inizia a comparire tra i video di YouTube. Tagliare dall’immagine elementi espliciti di nudità potrebbe essere il principale veicolo tramite cui alcuni inserzionisti eludono il controllo dell’IA di Google. Nonostante Google abbia intrapreso delle iniziative sperimentali per risolvere a valle questo problema – ad esempio tramite tool che coprono con sfocatura le nudità mentre si sta navigando su YouTube – sembra che tutto dipenda dai processi che si svolgono a monte, quando i sistemi automatizzati di Google approvano l’annuncio.
Ma sebbene YouTube affronti da tempo la questione degli annunci pornografici, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa non ha fatto altro che esacerbare il problema. Infatti, negli ultimi due anni sono sempre più diffuse nuove forme di ads pornografici realizzati con l’intelligenza artificiale. Il dato interessante, però, è che non tutti questi annunci hanno un fine chiaro.
Nella maggior parte dei casi, infatti, gli ads pornografici, vecchi e nuovi, hanno o avevano una finalità fraudolenta. Ad esempio, si vuole reindirizzare l’utente a siti di contenuti per adulti o a landing page che vogliono ottenere iscrizioni, download o dati degli utenti. In altri casi il danno è più esteso e può arrivare anche all’installazione di software malevoli nel dispositivo dell’utente. Tuttavia, il dato curioso è che ci sono anche casi di annunci pornografici che non rimandano a siti fraudolenti, e che invece utilizzano la pornografia come forma di clickbaiting per generare più traffico sul sito.
Per capire meglio come funziona questa strategia possiamo analizzare un caso reale. L’esempio che andiamo a vedere non riguarda un ads associato a un video, ma un annuncio pubblicitario che compare nella sezione “shorts” di YouTube, ossia quella dei reel. Sebbene ci siano differenze di formato rilevanti tra le due categorie di annunci pubblicitari, non cambiano le disposizioni per le violazioni di policy.
La strategia degli ads pornografici
Tra luglio e agosto 2025, tra gli shorts di YouTube, hanno iniziato a circolare alcuni reel pubblicitari generati con l’intelligenza artificiale che sponsorizzavano un sito chiamato Discovaz.com. Gli ads che sponsorizzano questo sito mostrano di solito una donna in abiti succinti che invita l’utente, con voce ammiccante, a scoprire come usare tool IA senza restrizioni; suggerendo in tal modo l’utilizzo di IA generativa per contenuti pornografici.

La maggior parte degli utenti, data l’allusività dell’invito, è portata a desumere che Discovaz sia un sito che offre servizi di IA generativa per contenuti pornografici. In realtà, se lo si visita si scopre che non c’è traccia di tutto ciò. Discovaz è una semplice piattaforma editoriale, con articoli divulgativi su scienza, salute, fitness e tecnologia. Nel sito c’è una sezione dedicata alle intelligenze artificiali senza restrizioni, ma non si fa nessun riferimento a contenuti pornografici. Per “unrestricted AI tools”, Discovaz intende «applicazioni e piattaforme che offrono alle imprese capacità avanzate di intelligenza artificiale senza i vincoli solitamente imposti dalle soluzioni software tradizionali»; e quando si tratta di fare esempi, il sito cita gli utilizzi classici dell’IA in contesti lavorativi.
È molto probabile quindi che Discovaz abbia voluto semplicemente generare più traffico sul suo sito sfruttando la pornografia come una specie di clickbait. Gli indicatori di traffico sul web mostrano come il traffico su Discovaz sia aumentato vertiginosamente a partire dallo scorso luglio, cioè da quando l’ads ha cominciato a circolare. A luglio 2025 Discovaz ha visto il 95 per cento in più di visitatori rispetto al mese precedente.

Inoltre, da agosto 2025 su Trustpilot – una piattaforma che raccoglie recensioni e opinioni dei consumatori su aziende e servizi – sono comparse le prime recensioni su Discovaz lasciate da utenti online. La quasi totalità di queste recensioni accusa il sito di fare advertising manipolatorio, e alcune citano come esempio proprio il tipo di ads pornografico che abbiamo esaminato.

Di solito, i gestori di pagine web sono interessati a generare un certo livello di traffico sul loro sito perché questo, a sua volta, attrae l’interesse degli inserzionisti, che pagano il gestore affinché egli ospiti le loro pubblicità. Tuttavia, per attrarre inserzionisti non conta solo l’entità del traffico – quanti visitatori accedono alla pagina – ma anche per quanto tempo lo fanno in media e se il traffico generato dal sito è sostenibile nel tempo. Nel caso di Discovaz, il surplus di traffico generato durante l’estate è addebitabile a un fattore estemporaneo e manipolatorio, e dunque non è la dimostrazione di un genuino interesse degli utenti verso i contenuti della piattaforma. Quindi perché inventarsi stratagemmi di questo tipo?
Nella sezione About us di Discovaz si riporta che il sito è parte di una rete più grande chiamata “Visymo Universal Search Group”. Dal momento che su Discovaz.com non ci sono canali di contatto diretti con i gestori del sito, abbiamo contattato Visymo Universal Search Group, tramite form apposito, per chiedere spiegazioni sulla comparsa di ads pornografici che sponsorizzano un sito della loro rete. A settimane di distanza non abbiamo ancora ricevuto risposta dal sito.
È interessante notare che il reel in questione non è stato messo in circolazione su YouTube direttamente da Discovaz.com. Se infatti si aprono i dettagli dell’annuncio (su smartphone lo si può fare selezionando i tre punti in alto a destra dell’annuncio), si scopre che l’advertiser è un certo Ventrix Media: un’agenzia pubblicitaria con sede in Bulgaria.

Che un marchio sponsorizzato deleghi la campagna pubblicitaria su YouTube a un’agenzia, che agisce come intermediaria, è abbastanza comune. In questi casi l’agenzia si occupa di tutto: dalla creazione dei contenuti alla definizione del pubblico da raggiungere, dall’acquisto degli spazi al monitoraggio dei risultati. Il brand paga l’agenzia, e l’agenzia a sua volta paga la piattaforma video. È per questo che, nei dettagli dell’annuncio visibili all’utente, compare spesso il nome dell’agenzia o del suo profilo di pagamento invece di quello dell’azienda promotrice (Discovaz in questo caso). Questa prassi è diffusa perché le agenzie hanno competenze tecniche e strumenti che molte aziende non possiedono internamente, possono ottimizzare i costi e gestire campagne su larga scala. In casi come questo però potrebbero esserci altri motivi legati al funzionamento delle pubblicità su Google.
Ad esempio, Discovaz potrebbe sfruttare il fatto che Ventrix Media sia un inserzionista verificato di Google per velocizzare il processo. Per poter acquistare spazi pubblicitari sulle piattaforme di Google è infatti necessario passare attraverso una procedura di verifica dell’inserzionista. Il processo prevede che l’azienda o l’agenzia che intende fare campagne fornisca documenti ufficiali – come certificati di registrazione, dati fiscali e recapiti legali – che attestino l’esistenza dell’organizzazione e l’identità di chi la rappresenta. Una volta superata la verifica, l’inserzionista ottiene lo status di advertiser verificato: questo gli consente di attivare campagne pubblicitarie su Google e YouTube, gestire budget consistenti e raggiungere in modo mirato segmenti di pubblico definiti per età, localizzazione, interessi o comportamento online – i fattori di cui abbiamo parlato all’inizio.
In teoria, questo sistema di verifica serve a garantire trasparenza e sicurezza, mostrando agli utenti chi paga davvero per una campagna e impedendo che entità anonime o poco affidabili diffondano messaggi ingannevoli o illegali.
In pratica, però, l’intermediazione delle agenzie introduce un punto debole: se un sito che sponsorizza contenuti controversi si affida a un’agenzia già verificata, quest’ultima può comparire nei dettagli come soggetto legittimo e autorizzato, mentre la campagna indirizza in realtà il traffico verso il sito con contenuto non ammissibile.
Il caso di Discovaz è particolare, perché in effetti sul sito non ci sono contenuti controversi: l’ads è solo clickbaiting. Tuttavia, affidarsi a un’agenzia pubblicitaria consente al sito web di bypassare direttamente tutto il processo di verifica dell’inserzionista di Google. Se dietro la campagna promozionale di video pornografici c’è un’agenzia già verificata, l’aspetto formale della trasparenza è rispettato, e questo può anche rendere più difficile individuare subito la violazione di policy.
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