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Gli studenti italiani sono davvero quelli con più giorni di vacanza?

Rispetto ai loro coetanei europei, gli studenti italiani trascorrono più giorni a scuola, con calendari tra i più densi e un carico orario settimanale notevole

4 agosto 2025
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Ogni estate, puntuale, riemerge una narrativa tanto diffusa quanto imprecisa: quella secondo cui gli studenti italiani godrebbero di più vacanze rispetto ai loro coetanei europei. Questa affermazione, spesso utilizzata per dipingere un’immagine di studenti svogliati o poco impegnati, si basa soprattutto sull’osservazione delle lunghe ferie estive in ambito scolastico che in Italia durano fino a tre mesi.

Tuttavia si tratta di un’interpretazione che rischia di essere fuorviante: se è vero che in Italia la pausa estiva è tra le più lunghe d’Europa, è altrettanto vero che, sommando tutte le interruzioni nell’anno, i giovani italiani godono di meno giorni di vacanza durante l’anno scolastico rispetto ai loro coetanei europei. Anzi, trascorrono più giorni a scuola, con calendari tra i più densi e un carico orario settimanale notevole.

Smontare il mito: la realtà sulle vacanze scolastiche in Italia

In Europa, le vacanze estive scolastiche iniziano solitamente tra la fine di maggio e la seconda metà di luglio, a seconda del Paese. Nella maggior parte dei sistemi educativi, la pausa dura tra le 8 e le 12 settimane. Secondo i dati raccolti da Eurydice, organizzazione dell’Unione europea che monitora e analizza i sistemi d’istruzione, nel 2022 l’Italia è risultata tra i Paesi con le vacanze estive più lunghe, insieme a Lettonia e Malta, registrando il numero più alto di settimane consecutive senza scuola. Al contrario, in Paesi come la Danimarca, alcuni Länder tedeschi, la Francia, i Paesi Bassi, e alcuni cantoni svizzeri, le vacanze estive non superano mai le otto settimane.

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Lunghezza delle vacanze estive (in settimane) nella scuola primaria e nella scuola secondaria generale, 2023/2024. Fonte: “The organisation of the school time in Europe”, Eurydice (2023).

Se, quindi, è vero che chi frequenta le scuole italiane fa vacanze mediamente più lunghe rispetto ai compagni in altri Paesi europei, analizzando il calendario scolastico nel suo complesso, le disparità si riducono notevolmente. 

I dati raccolti da Eurydice per l’anno scolastico 2022/2023 mostrano infatti che, nonostante le lunghe vacanze estive, l’Italia è tra i Paesi europei che prevedono meno giorni di pausa distribuiti durante l’anno scolastico. Le festività intermedie, come quelle autunnali, invernali o primaverili, sono generalmente più brevi rispetto a quelle osservate in altri sistemi educativi europei. 

Se si guarda ai dati degli anni precedenti, il quadro resta sostanzialmente invariato. Sempre secondo Eurydice, già nell’anno scolastico 2019/2020 – e considerato che non ci sono state riforme significative da allora, la situazione è presumibilmente ancora molto simile – l’Italia risultava tra i Paesi con il maggior numero di giorni di scuola nell’istruzione primaria e secondaria. Un elemento che contribuisce ulteriormente a ridimensionare la narrativa secondo cui gli e le studenti italiane godrebbero di più tempo libero rispetto ai loro coetanei europei.

Numero di giorni scolastici nella scuola primaria e nella scuola secondaria generale, 2019/2020. Fonte: “The organisation of the school time in Europe”, Eurydice (2019).

Petizioni e decisioni dei ministri dell’Istruzione, ma le scuole possono stare aperte d’estate?

Ogni anno, con l’avvicinarsi della chiusura delle scuole, prevista solitamente per i primi di giugno, si riaccende il dibattito. C’è sempre qualcuno — tra genitori, opinionisti e politici — che punta il dito contro le lunghe vacanze estive, chiedendo di ridurre i mesi di pausa. 

Non mancano nemmeno i ministri dell’Istruzione che, puntualmente, annunciano l’intenzione di tenere le scuole aperte anche d’estate. Ma, stagione dopo stagione, alle dichiarazioni non seguono i fatti. E alla fine, gli e le studenti continuano a godersi i tradizionali tre mesi di vacanza. 

L’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è da anni che annuncia di voler cambiare le cose. In un’intervista pubblicata dalla Stampa nel luglio 2023, ha precisato che la sua proposta non riguarda una riduzione delle vacanze estive. L’idea, piuttosto, è quella di aprire le scuole anche durante l’estate, ma non per proseguire con le lezioni tradizionali. Si tratterebbe di offrire attività diverse: corsi di orientamento, potenziamento nelle materie scientifiche, lingue straniere, sport e altri laboratori formativi. In Italia, del resto, esistono già scuole che restano operative per qualche settimana dopo la fine ufficiale dell’anno scolastico. L’intenzione del ministro è quella di aumentare queste esperienze e rafforzare, su scala più ampia, iniziative educative durante il periodo estivo. Un’iniziativa che continua attraverso il cosiddetto “Piano estate”, che finanzia «attività di inclusione, socialità e potenziamento delle competenze per il periodo di sospensione estiva delle lezioni» e non una vera e propria apertura degli istituti scolastici.

Nel 2023 l’ONG italian “WeWorld” aveva lanciato una raccolta firme per una petizione per chiedere alle istituzioni di ascoltare la voce delle famiglie e pensare a un nuovo tempo scuola a partire dalla rimodulazione del calendario scolastico. Questa, oltre che molto sostegno, aveva scatenato online anche una serie di commenti in cui molte persone, soprattutto docenti, criticavano la proposta sostenendo, tra le altre cose, che l’inadeguatezza strutturale del sistema così com’è potrebbe diventare un rischio concreto per la salute di studenti e personale.

Il problema, infatti, è che il sistema scolastico italiano si scontra con una realtà strutturale: le scuole non sono attrezzate per affrontare il caldo estivo.

Secondo i dati aperti forniti dal ministero dell’Istruzione e del Merito, nell’anno scolastico 2022/2023, soltanto poco più del 6 per cento degli edifici scolastici italiani era dotato di un impianto di climatizzazione o ventilazione. 

I numeri pubblicati dalle istituzioni sono molto eloquenti. Su un totale di 61.307 edifici in Italia censiti nello stesso anno scolastico, per più di 24 mila edifici non è disponibile alcuna informazione sulla presenza di sistemi di climatizzazione, mentre oltre 32 mila risultano ufficialmente privi di impianti di raffrescamento. Complessivamente, si stima che oltre il 93,5 per cento delle scuole italiane non disponga di alcuna forma di refrigerazione per affrontare il caldo estivo. 

Secondo un manuale redatto dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel 2013, gli ambienti degli edifici scolastici spesso non presentano «temperature e umidità ottimali: troppo caldi o troppo freddi o troppo secchi». Nel 2024 alcuni docenti del Coordinamento nazionale docenti per i diritti umani (Cnddu) avevano espresso preoccupazione per le condizioni in cui si stavano svolgendo gli Esami di Stato a causa delle intense ondate di calore che ormai ogni anno colpiscono l’Italia. Secondo quanto riportato da alcune pagine online, il Cnddu aveva proposto al ministro Valditara un piano in cui chiedeva l’attivazione di una task force ministeriale per monitorare le criticità legate al caldo nelle scuole, l’adozione di un piano nazionale per l’adeguamento climatico degli edifici scolastici, fondi per la climatizzazione delle infrastrutture e la predisposizione di protocolli di tutela della salute per studenti e personale scolastico.   

Secondo il “XXII Rapporto sulla sicurezza delle scuole” di Cittadinanzattiva, associazione che promuove la tutela dei diritti, pubblicato nel settembre 2024, nonostante le proposte emerse da varie parti di anticipare gli esami di maturità da una parte e posticipare l’avvio dell’anno scolastico a ottobre, permane la necessità di rivedere il calendario scolastico come avviene nel resto d’Europa. Questo, in particolare, sia per adattarlo alle attuali condizioni climatiche, ma anche a quelle familiari e lavorative. Secondo quanto riportato da Cittadinanzattiva, la frammentazione delle vacanze potrebbe mantenere una certa continuità nell’apprendimento di ragazzi e ragazze, diminuendo quel fenomeno chiamato “summer learning loss”, cioè la perdita delle competenze acquisite nel corso dell’anno scolastico a causa del prolungato periodo di vacanza. 

Summer Learning Loss

Chi spinge per ridurre la durata delle vacanze estive cita spesso il concetto di “summer learning loss”, che in italiano si può tradurre con “perdita di apprendimento estivo”, per giustificare la propria posizione, ma la questione è più complessa di così. 

Questo termine definisce la perdita di competenze e conoscenze che si registrerebbe confrontando il livello degli studenti prima di una pausa scolastica con i risultati ottenuti al rientro, soprattutto dopo lunghi periodi come le vacanze estive. 

Davide Azzolini, ricercatore presso l’Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche della Fondazione Bruno Kessler (FBK – IRVAPP), ha spiegato a Facta che nella letteratura sociologica ed economica è diffusa l’idea che «quando la scuola è chiusa il peso delle origini sociali, familiari e contestuali viene a manifestarsi in tutta la sua potenza» ed è quindi possibile che soprattutto i soggetti più deboli «perdano quelle competenze, facendo più fatica a ripartire». 

Nonostante esista un’ampia letteratura sul tema, però, il dibattito è ancora aperto. «Sono più di trent’anni che si producono statistiche, in particolare negli Stati Uniti» ha chiarito il ricercatore, «ma misurare questa presunta perdita in modo preciso è molto difficile» e non è quindi possibile affermare con precisione se il summer learning loss esista effettivamente oppure no. Secondo Azzolini il tema è legato alle disuguaglianze sociali e alla povertà educativa. In Italia, uno studio pilota pubblicato nel 2014, condotto da Morena Sabella, ha mostrato che esistevano perdite di questo tipo in alcuni studenti, in particolare erano più presenti nel sottogruppo di studenti che venivano da contesti più disagiati. 

FBK-IRVAPP nel 2022 ha valutato l’intervento “Arcipelago educativo” promosso dall’Ong italiana Save the children e dalla Fondazione Agnelli, un mix di attività di gruppo e tutoring personalizzato rivolte gratuitamente a studenti segnalati dalle scuole come studenti bisognosi di supporto durante il periodo estivo e che si svolge all’interno di alcune scuole primarie e secondarie di primo grado chiuse per le vacanze. «Abbiamo visto che chi ha avuto la possibilità di partecipare, a settembre dimostrava competenze sia in italiano che in matematica più elevate di chi non ha partecipato» ha chiarito il ricercatore. «Lo studio ha mostrato che, mentre gli studenti che non hanno partecipato al programma hanno perso apprendimenti durante l’estate, chi ha avuto la possibilità di partecipare ha mantenuto e anche aumentato le sue competenze» ha aggiunto. Lo studio ha quindi evidenziato l’esistenza di una perdita di apprendimenti in estate, ma con il limite «che il campione è molto selezionato, in quanto si tratta di studenti con un background socio economico di partenza già svantaggiato e con competenze di partenza deboli». 

Se secondo alcuni studi il summer learning loss esiste davvero, come ha spiegato l’esperto, bisogna in realtà avere cautela e considerare tutti gli elementi, in particolare quello che riguarda la disparità socio economica tra gruppi di studenti, che sembra avere un peso decisivo. 

Oltre a tutto questo, «c’è un altro tema enorme, che è abbastanza noto in letteratura», ha continuato Azzolini, «che riguarda il fatto che non si possono spremere troppo gli studenti» in quanto un eccessivo impegno scolastico potrebbe causare burnout o perdita di motivazione. 

Il ministero dell’Istruzione e del merito già da qualche anno promuove il cosiddetto “Piano estate”, una serie di fondi che permettono a varie associazioni di usufruire delle infrastrutture scolastiche durante il periodo estivo per coinvolgere studenti in vacanza. E le iniziative private sono decine di migliaia in tutto il Paese. Se da un lato i campi estivi a pagamento permettono a bambini e ragazzi di vivere esperienze arricchenti e possono aiutare a non perdere il ritmo scolastico, dall’altro il rischio è di aumentare le disparità in quanto «non è detto che offrire più servizi sia la soluzione, se questi non sono accessibili a tutti», ha concluso Davide Azzolini, anzi, potrebbero addirittura acuire le disuguaglianze perché «spesso tali iniziative sono costose e se non te le puoi permettere stai a casa, mentre i figli delle persone che possono garantire questo tipo di servizi ricevono il meglio dell’offerta estiva». 

Se da un lato cresce la spinta a ripensare il calendario scolastico, riducendo le vacanze estive per distribuirle meglio lungo l’anno, dall’altro rimane irrisolta una questione ben più concreta: le scuole italiane non sono pronte ad affrontare i mesi più caldi. Ondate di calore sempre più frequenti e condizioni climatiche estreme mettono a dura prova edifici spesso vecchi, privi di climatizzazione e inadeguati sotto il profilo energetico. Parlare di più scuola d’estate, senza prima affrontare il nodo delle strutture, rischia di essere una proposta scollegata dalla realtà.

Certo è che, sebbene le vacanze estive siano tra le più lunghe d’Europa, chi frequenta la scuola in Italia non è affatto tra coloro che passano meno tempo sui banchi. L’inghippo sta tutto nell’interpretazione dei dati e nella loro mancata contestualizzazione. Guardando al quadro complessivo, è la distribuzione delle pause durante l’anno a variare, non la quantità complessiva di scuola. Anzi, in Italia si va a scuola per più giorni rispetto alla media europea.

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