
Natale è il momento peggiore per la disinformazione islamofoba
Ogni anno con l’arrivo del periodo natalizio storie infondate si diffondono per dipingere i musulmani come acerrimi nemici di questa festività cristiana
L’arrivo del Natale scandisce un periodo che, per tradizione, dovrebbe rendere tutti e tutte più solidali e aperti verso gli altri. E invece, come ormai accade da anni, le settimane che precedono le feste natalizie diventano terreno fertile per un’ondata di narrazioni mosse da odio razzista e islamofobo.
Vecchie storie tornano a galla e si mescolano a nuove accuse, puntando il dito contro i musulmani che vivono in Italia e in Europa, dipingendoli come acerrimi nemici del Natale cristiano. Una fantasia tossica e discriminatoria che si ripresenta puntuale, ogni dicembre.
Il presepe è sotto attacco?
Come ormai succede da tempo, nel periodo che precede il Natale la destra e i conservatori rilanciano allarmismi sul presunto pericolo che minaccerebbe le tradizioni cristiane. Secondo questa narrazione, qualcuno sarebbe pronto a “rubare” la festività, e a essere indicata come responsabile è spesso la comunità musulmana.
Durante il comizio del centrodestra a Napoli del 14 novembre scorso a sostegno di Edmondo Cirielli in vista delle elezioni regionali del 23 e 24 novembre 2025, il segretario della Lega e vicepresidente del Consiglio dei ministri Matteo Salvini ha rivolto dure critiche a chi, a suo dire, non rispetterebbe le tradizioni italiane. Ad esempio, secondo Salvini, chi dice «non mi piace il presepe, non mi piace Gesù bambino e non mi piacciono le vostre chiese», arrivando in Italia e non rispettando «le nostre leggi, la nostra cultura e le nostre tradizioni», dovrebbe andarsene «fuori dalle palle».
Tommaso Cerno, direttore de Il Giornale, ha dichiarato: «non avrei mai pensato che fosse così complicato fare il presepio» facendo riferimento al fatto che «il nostro simbolo storico cristiano» sarebbe messo in pericolo dal pluralismo imposto da varie minoranze, tra cui quelle religiose.
Ma la polemica più accesa è nata a Bruxelles, dove un’installazione della Natività collocata nella Grand Place, cioè la piazza centrale della capitale belga, ha scatenato proteste da parte dei conservatori di tutta Europa. Si tratta di un’opera realizzata dall’artista Victoria-Maria Geyer, che rappresenta la Natività cristiana realizzata con materiali tessili e in cui i personaggi sono privi di lineamenti facciali. Il volto, infatti, è un patchwork di tessuti che, come è stato definito da Geyer, rappresenta «i colori di tutte le etnie possibili e immaginabili, in modo da non discriminare nessuno».
Subito dopo l’inaugurazione dell’opera Georges-Louis Bouchez, presidente del partito di centro destra Mouvement réformateur (MR), ha dichiarato che «queste figure senza volto sembrano più un omaggio agli zombie che si trovano vicino alle stazioni ferroviarie di Bruxelles che un presepe». Bouchez ha ricevuto poi il sostegno di altri personaggi pubblici che hanno condiviso le loro opinioni sui social media. Éric Domb, ad esempio, direttore del Pairi Daiza, uno zoo e un giardino botanico di proprietà privata situato a Brugelette ha fatto sapere attraverso il profilo Facebook del parco che «Cancellare i volti per non ferire nessuno significa dimenticare che sono loro a curare le ferite: lo sguardo di un bambino, il sorriso di una mamma, la gentilezza di uno sconosciuto». E il calciatore della nazionale belga Thomas Meunier ha commentato: «Abbiamo toccato il fondo… e continuiamo a scavare».
Le discussioni non si sono fermate al Belgio, ma hanno attraversato anche i confini nazionali, dopo che la Grande Place di Bruxelles è stata attraversata da molti politici diretti al Parlamento europeo. In Italia, infatti, sempre il leader della Lega Salvini ha pubblicato un video sui suoi profili social criticando l’installazione e chiedendo in modo provocatorio agli utenti se si tratti di un presepe «inclusivo o tristarello?». Anche in questo caso il vice presidente del Consiglio suggerisce (in maniera neanche troppo indiretta) che si tratterebbe di una scelta “politicamente corretta” in nome dell’inclusione di persone di altre religioni, a scapito della tradizione cristiana.
Pochi giorni dopo l’installazione del presepe creato da Victoria-Maria Geyer, la testa della statuina di Gesù Bambino è stata rubata da un autore sconosciuto, che ha lasciato però il corpo al suo posto.
Alle polemiche l’artista ha risposto difendendo la sua opera e dichiarando che si tratta di un presepe «classico con Maria, Giuseppe e Gesù, ma tradotto in tessuto», dove gli elementi chiave del presepe rimangono. Secondo quanto riportato da Geyer, si tratta di «un omaggio all’importanza storica dell’industria tessile in Belgio e un’interpretazione contemporanea di un’antica tradizione», insistendo poi sul fatto che non si tratta di un «presepe woke», come alcuni l’hanno definito, e che non intende «negare la nostra cultura».
A difesa dell’opera si sono schierati anche il sindaco della città, Philippe Close, che ha prima di tutto invitato alla calma, spiegando che il progetto del nuovo presepe era stato avviato dalle autorità della città di Bruxelles nel marzo 2025 poiché la vecchia installazione della natività era ormai degradata. Inoltre, Close ha ricordato che tutto è avvenuto in collaborazione con le autorità ecclesiastiche che sono state coinvolte fin dall’inizio del processo e che hanno approvato il progetto, oltre al fatto che l’autrice è una cristiana cattolica praticante. Anche Benoît Lobet, decano del centro di Bruxelles e parroco della cattedrale di San Michele e Santa Gudula, ha spiegato che la comunità cattolica sostiene pienamente questa creazione dell’artista Victoria-Maria Geyer. Secondo lui questo presepe non nega in alcun modo i valori cristiani, anzi, al contrario le figure realizzate rappresentano le persone vulnerabili che riempiono le strade delle città e la scelta di non dare i volti ai personaggi è stata fatta in modo che «ognuno potesse proiettare la propria immagine e, attraverso di essa, la propria storia sui personaggi».
Le polemiche sul presepe, tuttavia, non sono un’esclusiva del Belgio. Anche in Italia il tema è tornato ciclicamente al centro del dibattito pubblico, spesso strumentalizzato dalla destra conservatrice e intrecciato a retoriche di odio razzista e islamofobo, oltre che a frequenti episodi di disinformazione. In questa narrazione si inserisce il caso di Genova, dove la sindaca Silvia Salis è finita nel mirino delle critiche per aver deciso di non allestire il presepe nell’atrio dello storico Palazzo Tursi, sede principale del Comune della città, dove è stato invece organizzato un “villaggio di Babbo Natale” dedicato ai più piccoli. Una scelta che ha scatenato accuse di voler cancellare il Natale e la tradizione, in nome della laicità, per «non offendere i musulmani».
Tutto è nato alla fine di novembre, durante una commissione consiliare sul bilancio, quando Paola Bordilli, consigliera della Lega ed ex assessora al Commercio e alle Tradizioni nella giunta precedente, ha chiesto all’assessora Tiziana Beghin del Movimento 5 Stelle, che mantiene la delega alle Tradizioni, se fosse previsto l’allestimento del presepe nel palazzo comunale nei giorni successivi. Domanda alla quale Beghin ha risposto: «Non è stato previsto».
Alcuni consiglieri comunali di Fratelli d’Italia, tra cui Alessandra Bianchi e Nicholas Gandolfo, hanno allora duramente criticato la scelta della giunta Salis, accusandola di aver “cancellato” il presepe dal Comune dopo l’introduzione dell’educazione sessuologo-affettiva nelle scuole dell’infanzia. Secondo loro, la decisione colpisce un simbolo centrale del Natale e della tradizione cristiana, espressione di valori fondamentali come rispetto, solidarietà e famiglia, e riflette quella che definiscono una posizione ideologica di un’amministrazione sempre più «allineata a una sinistra estrema».
Sul caso della città di Genova si era espresso in modo polemico anche il vicesegretario della Lega ed europarlamentare Roberto Vannacci, pubblicando un video in cui mostrava uno zaino militare con all’interno un piccolo presepe. «Ci sono posti, come alcune piazze o alcune scuole» ha affermato, «dove il presepe lo vogliono togliere o lo vogliono nascondere. Noi invece lo portiamo dietro ovunque, anche nello zaino».
In realtà la giunta Salis non ha cancellato il presepe dalla città di Genova. Come ha spiegato la sindaca in un video pubblicato sui social network, il presepe è stato allestito a Palazzo Rosso «come è sempre stato». Salis infatti ha sottolineato che a Palazzo Tursi, le giunte che di destra che l’hanno preceduta, hanno organizzato il presepe solo due volte in otto anni di gestione istituzionale, relegandolo a uno spazio comparabile a «un sottoscala».
Il presepe di Palazzo Rosso è stato inaugurato e benedetto l’8 dicembre dall’arcivescovo Marco Tasca, alla presenza di varie figure politiche comunali e regionali, tra cui la sindaca della città che ha spiegato che l’installazione, che si affaccia direttamente sulla strada, resterà illuminata anche di notte in modo da essere «visibile notte e giorno».
Tra le polemiche dei conservatori, vale la pena ricordare che il presepe, una volta superato il giorno di Natale, si arricchisce soprattutto della presenza dei Re Magi, figure centrali nell’immaginario natalizio ma la cui rappresentazione, così come la conosciamo, non trova un riscontro diretto nei testi biblici. Un dettaglio spesso dimenticato nel dibattito pubblico, dove il presepe viene richiamato come simbolo immutabile di una tradizione religiosa che, in realtà, è il frutto di stratificazioni storiche e culturali successive.
I mercatini di Natale non sono stati attaccati da orde di fedeli musulmani contrariati
Non è stato però solo il presepe a essere strumentalizzato per alimentare ostilità nei confronti delle persone di religione musulmana, spesso dipinte come il principale nemico del Natale e delle tradizioni cristiano-cattoliche. Nel dibattito pubblico online, e soprattutto in una narrazione ampiamente segnata dalla disinformazione, sono finiti anche i mercatini di Natale in diverse città, elevati a simbolo identitario nonostante oggigiorno siano, in realtà, legati più al consumismo che alla tradizione religiosa natalizia.
Secondo numerosi utenti dei social media, perlopiù account di estrema destra, in Germania alcuni «gruppi di musulmani» avrebbero circondato un mercatino di Natale «intonando in modo intimidatorio: “Non c’è altro Dio che Allah e Maometto è il suo messaggero”». In realtà, il filmato portato come presunta prova di questo evento mostra una manifestazione a sostegno della Palestina tenutasi il 12 ottobre 2024 all’incrocio tra Kreuzweg e Steindamm, nel quartiere St. Georg di Amburgo. I mercatini di Natale della città sono iniziati il 10 novembre 2025 e restano aperti fino al 24 dicembre e non si svolgono nell’area ripresa nelle immagini. È quindi impossibile che le persone nel filmato stessero circondando un mercatino natalizio.
Sempre sui mercatini tedeschi è circolato un altro video in cui si vede un gruppo numeroso di persone che sfilano, alcune con la bandiera dell’indipendenza siriana sulle spalle, mentre intonano cori tra le bancarelle di un mercatino di Natale. In sovrimpressione nel filmato compare una scritta che recita: «Germania. I musulmani invadono i mercatini di Natale come atto di forza». Anche in questo caso si tratta di un contenuto fuorviante. Il filmato, infatti, mostra migliaia di esuli siriani scesi in strada per festeggiare la caduta del regime di Bashar Al-Assad in Siria, l’8 dicembre 2024.
E ancora, stando ad alcuni post pubblicati sui social network, le autorità di Magdeburgo, città che si trova sempre in Germania, avrebbero annullato il mercatino di Natale a causa dell’impossibilità di garantire la sicurezza, perché lo scorso anno «si è verificato un attacco che ha causato 6 morti».
Anche in questo caso il contenuto è fuorviante e diffonde una notizia falsa. Il 20 dicembre 2024 un uomo ha ucciso sei persone e ferito oltre 300 investendole con un’auto ai mercatini di Natale di Magdeburgo, ma l’episodio non è stato classificato come attentato terroristico. Secondo il procuratore generale federale Jens Rommel, l’autore, Taleb Al Abdulmohsen, medico di origine saudita con posizioni islamofobiche e simpatie per l’estrema destra tedesca, avrebbe agito per frustrazione personale, senza prendere di mira le istituzioni. Nonostante ciò, non è vero che i mercatini di Natale 2025 non sono stati autorizzati. Le oltre 140 bancarelle hanno infatti aperto il 20 novembre e resteranno attive fino al 29 dicembre, dopo un iniziale rinvio legato alla revisione del piano di sicurezza, successivamente approvato dal consiglio comunale insieme a nuove misure come limiti di velocità e restrizioni al traffico dei mezzi pesanti.
Nella disinformazione legata ai mercatini gli «immigrati» di fede musulmana sono il bersaglio più diffuso. Un altro filmato, pubblicato su X, mostra una manifestazione in una strada decorata con luminarie natalizie in cui vengono sventolate bandiere palestinesi e accesi fumogeni. Secondo chi l’ha diffuso si tratterebbe «immigrati islamici» che a Bruxelles «protestano contro il natale, contro le nostre luci, contro i nostri presepi, contro le nostre tradizioni». La verità è che si tratta, anche in questo caso, di un contenuto fuorviante poiché la manifestazione che si vede nel video si è tenuta a Bruxelles, in piazza della Borsa, venerdì 28 novembre 2025, luogo dove sono stati inaugurati anche i mercatini di Natale. La manifestazione, però, non aveva nulla a che vedere con le tradizioni natalizie, ma si trattava di un corteo a favore della Palestina e organizzata dal movimento spontaneo Aharar Palestine che da due anni scende in piazza della Borsa, con striscioni, bandiere e a volte fumogeni, per esprimere il loro sostegno al popolo palestinese e contro le violenze di Israele.
Nel loro insieme, questi episodi mostrano come, ogni anno, il periodo natalizio venga sistematicamente trasformato in un terreno di scontro politico e identitario. Video e immagini presentati senza contesto, o deliberatamente manipolati, vengono rilanciati per rafforzare una narrazione di conflitto culturale che non trova riscontro nei fatti, ma che alimenta paura, odio e ostilità. Così, simboli complessi e stratificati come il presepe o i mercatini di Natale diventano strumenti di propaganda, svuotati del loro significato originario e piegati a una retorica che divide, anziché unire, proprio nel periodo dell’anno che più di ogni altro richiama valori di accoglienza e solidarietà.
- No, questi non sono fedeli musulmani che circondano un mercatino natalizio tedescoNo, questi non sono fedeli musulmani che circondano un mercatino natalizio tedesco
- Questi non sono fedeli musulmani che invadono con forza i mercatini di Natale in GermaniaQuesti non sono fedeli musulmani che invadono con forza i mercatini di Natale in Germania
