
Lo sport è una miniera d’oro per chi vuole disinformare con l’IA
Dalle storie di beneficenza dei tennisti fittizie ai video delle cestiste che insultano le avversarie: i diversi modi in cui l’IA ha inquinato il racconto sportivo
Il tennista Jannik Sinner ha donato il montepremi vinto al torneo di Wimbledon a un ospedale pediatrico oncologico. La cestista Caitlin Clark ha insultato pesantemente in conferenza stampa l’avversaria Angel Reese. E Zlatan Ibrahimovic ha finalmente vinto la Champions League. Sono tutte storie false con protagonisti alcuni degli sportivi più forti e conosciuti del momento, che hanno in comune un elemento contraddistintivo: sono state inventate e create con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.
Da mesi, ormai, l’IA è arrivata anche all’interno del flusso di contenuti sportivi diffusi dagli utenti sulle piattaforme social. Su Facebook si trovano centinaia di post su tennisti e tenniste che compiono atti di beneficenza, come nel caso del già citato Jannik Sinner. Un esempio lampante di “fotoromanzo social”: storie false, accompagnate da immagini e video creati con intelligenza artificiale, che prendono di mira personaggi pubblici e famosi per sfruttare la loro popolarità e aumentare l’engagement della pagina che li pubblica.
Questo è solo uno dei modi in cui l’IA viene sfruttata per diffondere disinformazione sui personaggi del mondo dello sport. Accanto a questi contenuti apparentemente innocui, se ne trovano altri esplicitamente offensivi e razzisti, come il caso del calciatore Romelu Lukaku raffigurato a lavorare nelle piantagioni di cotone. Tutti post social che ottengono migliaia di visualizzazioni, like, commenti e condivisioni, e che talvolta vengono presi per veri dagli utenti delle piattaforme.
Le false storie sui tennisti
L’elenco degli atti di beneficenza del tutto inventati e attribuiti ai tennisti è piuttosto vasto. L’italiano Jannik Sinner, ad esempio, oltre ad aver fatto una donazione a un ospedale pediatrico oncologico, avrebbe anche sponsorizzato enti di beneficenza e organizzazioni di soccorso per le persone senza fissa dimora, avrebbe acquistato i vecchi campi da tennis a San Candido – dove si allenava da piccolo – per trasformarli in un centro di allenamento gratuito per tutti i bambini «svantaggiati appassionati di tennis» e avrebbe speso 87 mila euro per salvare un piccolo bar in Alto Adige che gli offriva pasti gratuiti quando era adolescente.
Proprio come Sinner, anche la tennista Jasmine Paolini avrebbe versato la stessa somma, esattamente 87 mila euro, per salvare dalla bancarotta il ristorante a conduzione familiare che le aveva offerto per anni colazioni gratuite. Il tennista serbo Novak Djokovic, invece, avrebbe consegnato un grosso assegno al suo bidello delle scuole elementari per pagargli la pensione, e si sarebbe offerto di pagare gli studi ai figli di Charlie Kirk, l’attivista politico di estrema destra assassinato lo scorso 10 settembre durante un evento pubblico alla Utah Valley University.
Questi racconti di fantasia potrebbero apparire a prima vista veritieri, considerando che alcuni dei tennisti protagonisti hanno realmente istituito delle fondazioni a proprio nome per promuovere, ad esempio, lo sport tra i bambini che vivono in situazioni di disagio.
A inventarli e diffonderli sono pagine Facebook – come “Tennis Warrior”, “TopSpin Times”, “Love-Love News” – che si definiscono “il punto di riferimento” per gli amanti del tennis, ma che nella realtà pubblicano storie inventate, catchy e strappalacrime, sui tennisti più noti e in voga del momento per per attirare like, far crescere il numero di persone che seguono le proprie pagine e dirottarle poi su specifici siti, così da generare traffico e ottenere di conseguenza un ritorno economico. Ed è proprio cavalcando la popolarità sempre crescente dei tennisti, italiani e non, che questo filone di notizie inventate sul tennis riscuote un discreto successo tra il pubblico italiano.
Per rendere ancora più credibili le storie, il racconto è accompagnato da immagini dei tennisti nei luoghi o insieme alle persone a cui avrebbero offerto la loro generosità economica: bidelli, proprietari di ristoranti, bambini malati oncologici.
Così come le storie, anche le immagini non sono vere, ma vengono generate con l’intelligenza artificiale. Lo si può notare facendo attenzione ad alcuni dettagli: spesso i tennisti indossano abiti diversi in due immagini che mostrerebbero la stessa scena, hanno la pelle molto liscia e senza pori – caratteristiche che alcuni software di IA fanno ancora fatica a realizzare con precisione – e i marchi degli abiti non sono corretti (un esempio: lo “swoosh” del marchio “Nike” di un cappello indossato da Sinner è al contrario).
Le storie inventate sulle cestiste
I contenuti creati con l’intelligenza artificiale hanno preso di mira anche le cestiste della Women’s National Basketball Association (WNBA), la lega professionistica di pallacanestro femminile degli Stati Uniti d’America.
Il soggetto preferito è Caitlin Clark, playmaker statunitense dell’Indiana Fever che, grazie alle sue prestazioni da record, negli ultimi tre anni ha portato un’attenzione mediatica inedita alla WNBA e allo sport femminile in generale. La cestista ha influenzato non solo il gioco del basket, ma ha avuto un impatto così forte anche a livello economico e sulle persone, tanto ché il fenomeno è stato denominato “Caitlin Clark effect”.
Proprio come accaduto ai tennisti, Clark è diventata la protagonista di racconti (in lingua inglese) che descrivono atti di beneficenza fittizi, accompagnati da immagini generate con l’IA, condivisi da pagine Facebook che si dicono dedite al mondo del basket femminile.
La playmaker dell’Indiana Fever, ad esempio, si sarebbe offerta di pagare la spesa al supermercato di un uomo anziano in difficoltà economica, avrebbe comprato una casa per trasformarla in una struttura abitativa di accoglienza per giovani senza fissa dimora, e avrebbe regalato le proprie scarpe a una bambina malata oncologica. Quest’ultimo episodio può sembrare plausibile considerando il fatto che le atlete spesso visitano i reparti pediatrici degli ospedali per portare i saluti e giocare con i bambini ricoverati, una gesto che Clark stessa ha già fatto in passato.
Caitlin Clark, però, non viene raccontata sui social solo come una persona generosa e di buon cuore. In Rete infatti si possono trovare diversi video generati con l’intelligenza artificiale della cestista che compie dei falli di gioco aggressivi e antisportivi, o lotta fisicamente contro le avversarie, in particolare la statunitense Angel Reese, ala delle Chicago Sky. Video simili sono stati creati anche per prendere di mira Sophie Cunningham, compagna di squadra di Clark all’Indiana Fever, raffigurata mentre fa cadere le avversarie a terra, le strattona pesantemente o insulta e deride l’arbitro di campo.
Questi contenuti non fanno altro che esasperare la nota rivalità sportiva tra Clark e Angel Reese, due delle giocatrici più forti e promettenti dell’WNBA e che giocano contro l’un l’altra dai tempi dell’NCAA, il campionato di basket universitario statunitense. Le due si sono scontrate, anche verbalmente, in diverse occasioni, e questi episodi sono diventati il pretesto per realizzare contenuti disinformativi e diffamatori nei confronti di Clark e Reese. Alla playmaker dell’Indiana Fever, ad esempio, sono stati messi in bocca – spesso da pagine di meme – insulti e frasi razziste nei confronti di Reese; parole che avrebbe pronunciato durante la conferenza stampa a seguito di una partita in cui Clark ha realmente commesso un fallo antisportivo nei confronti dell’ala delle Chicago Sky. Il video era chiaramente un deepfake in cui l’audio della conferenza stampa reale (che tra l’altro riguardava tutta un’altra partita) era stato completamente alterato. Anche l’audio di un’intervista di Reese è stato modificato per far sì che la cestista rivolgesse pubblicamente insulti pesanti a Clark.
Un uso dell’intelligenza artificiale per minare la reputazione delle giocatrici e propagandare un’agenda sessista e razzista, un problema di cui la WNBA già soffre da tempo.
Grok tra sfottò calcistici e insulti razzisti
Anche il calcio italiano maschile è pieno di contenuti social che sfruttano l’intelligenza artificiale e l’attualità calcistica per proporre vecchi stereotipi razzisti, abilisti e omofobi, e che si mescolano a sfottò e contenuti meno esplicitamente offensivi. A farlo è il cosiddetto “Twitter calcio”, la bolla di X (prima Twitter) italiana in cui si parla di calcio.
Non appena Grok, il chatbot di X basato sull’IA, è diventato disponibile su X a dicembre 2024, la comunità italiana del “Twitter calcio” ha sfruttato la generazione di immagini per fini umoristici e per realizzare i classici sfottò calcistici. Zlatan Ibrahimovic, che pur essendo stato uno dei giocatori più forti della sua generazione non ha vinto la Champions, è stato raffigurato con la coppa in mano, mentre altri calciatori sono stati rappresentati nelle classiche canzonature da spogliatoio, come quella del calciatore “scarpone” o che dovrebbe “cambiare lavoro”.
In altri casi però lo sfottò è andato oltre, superando il limite del cattivo gusto. In casa Milan, l’intesa professionale tra dirigenti, allenatori e calciatori è stata derisa con contenuti omofobi, mentre le prestazioni giudicate sotto le aspettative di qualche calciatore sono state attaccate con contenuti abilisti, che hanno fatto leva su una retorica discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità.
Altri casi problematici sono le immagini IA razziste di calciatori neri che mangiano banane nella foresta (sfruttando la narrazione razzista che dipinge le persone nere come scimmie) o mentre lavorano nelle piantagioni di cotone, un richiamo allo schiavismo statunitense. Post di questo tipo hanno raggiunto centinaia di migliaia di visualizzazioni, oltre che migliaia di like.
Il calcio maschile, italiano ma non solo, e soprattutto la sua tifoseria hanno un forte problema legato ai cori violenti e discriminatori, in particolare razzisti. Un atteggiamento che, dallo stadio, si è riversato anche online, dove le capacità dei nuovi programmi di intelligenza artificiale non hanno fatto altro che esasperarlo e amplificarne la portata. Specialmente su una piattaforma come X che ha allentato la moderazione dei contenuti in nome della “libertà di parola”, diventando un amplificatore di bufale razziste, notizie false, disinformazione transfobica e teorie del complotto.
Queste dinamiche social virali, e talvolta credibili, riescono ad avere successo perché lo sport è un argomento molto presente nell’agenda delle notizie e soprattutto facilmente fruibile. Una tematica che suscita attenzione, interesse ed emozioni nelle persone, e per questo adatto alla logica dei social network. A ciò si aggiunge la componente della celebrità, della fama degli sportivi: puntare sulla loro immagine per esaltarne i successi o, al contrario, per screditarne le prestazioni o la loro persona, è una strategia comunicativa efficace e redditizia. È per questo che i contenuti che mitizzano o denigrano gli sportivi riescono a generare centinaia e centinaia di interazioni facilmente.
- Le piattaforme tecnologiche non stanno mantenendo la promessa di etichettare i contenuti generati con l’IA
Le piattaforme tecnologiche non stanno mantenendo la promessa di etichettare i contenuti generati con l’IA - L’estremo realismo di Sora 2 è diventato uno strumento di odio e derisione
L’estremo realismo di Sora 2 è diventato uno strumento di odio e derisione

